martedì 30 giugno 2009

Io sto con i mulini



Il 23 giugno scorso, sul Corriere della Sera, si riportava la notizia che l'umanità potrebbe sopravvivere utilizzando solo l’energia eolica, e che basterebbe un sistema efficiente sul territorio americano per coprire l'intero fabbisogno mondiale: lo prova uno studio pubblicato su “Pnas” la rivista dell'Accademia Americana delle Scienze, dal professor Michael McEllroy, docente della School of Engineering and Applied Sciences alla Harvard University di Boston.

Secondo il calcolo eseguito dagli esperti, “basterebbe una rete di turbine da 2,5 megawatt di potenza (posizionate in modo da non danneggiare l'ambiente, ovvero nei territori non forestali, dove non ci sono ghiacciai e in aree non urbane), che operino al 20% della loro capacità, per produrre un quantitativo di energia pari a oltre 40 volte il consumo globale corrente di elettricità, oltre 5 volte il consumo globale di energia in tutte le sue forme. L'energia in eccesso potrebbe anche farne scendere il prezzo, aprendo nuove prospettive ad altre tecnologie ecologiche, come le auto elettriche. Oggi l'eolico è pari al 42% di tutta la nuova capacità elettrica installata in Usa nel 2008, ma continua a costituire una frazione minoritaria della produzione complessiva di energia.

Lo studio è stato fatto sulla base di simulazioni dei campi di vento utilizzando dati forniti dal sistema Goddard Earth Observing System Data Assimilation System (GEOS-5 DAS). Sezionando il globo in aree di approssimativamente 3.300 chilometri quadri ciascuna, i ricercatori hanno calcolato la velocità dei venti in aree non urbane, non forestali e senza ghiacci. E così hanno individuato la quantità di elettricità potenzialmente prodotta dalle turbine, sulla base della velocità dei venti, della densità dell'aria, della distanza tra le turbine e della dimensione delle eliche. Dunque, conclude l'indagine, una rete di turbine da 2,5 megawatt di potenza che operino ad appena il 20% della loro capacità sarebbe sufficiente per produrre un quantitativo di energia sufficiente a coprire il fabbisogno globale.”

Il portale italiano dell’energia eolica, informa che per la EWEA (European Wind Energy Association), siamo al terzo posto in Europa per megawatt eolici installati nel 2008: Germania e Spagna si giocano il primato (rispettivamente 1665 e 1609 MW), ma noi arriviamo terzi con 1010 MW, davanti a Francia (950) e Gran Bretagna (840). A livello locale alcune regioni fanno resistenza e dimostrano opposizioni, come in Sicilia, dove grandi personaggi politici stanno avversando l'idea di turbine eoliche a largo delle coste e nella terraferma. Se invece calcoliamo che le turbine eoliche installate fino ad oggi assicurano il 4,2% della domanda di corrente elettrica della UE, evitando di emettere in atmosfera 108 milioni di tonnellate di C0 2 all'anno (come se si togliessero dalle strade europee più di 50 milioni di automobili), si comprende facilmente il tipo di rivoluzione che l’eolico indica, come pure gli interessi che si vanno a scomodare.

Fondamentalmente il Kw solare costa ancora troppo, l'energia che sviluppa è poca e generata discontinuamente, mentre il vento soffia 24 ore al giorno, anche di notte e con le nuvole. Anche il solare potrà occupare, in futuro, la sua nicchia di produzione energetica, ma il problema odierno è che ancora i costi sono alti, insostenibili per l'economia reale, anche se il sistema è estremamente vantaggioso dal punto di vista ambientale: dobbiamo ancora lavorare in questo senso. Intanto le potenzialità dell'energia eolica, per la produzione di grandi quantitativi di energia sono ormai assodate e immediate, si potrebbero avere da subito. Il suo vantaggio, con il sempre maggiore fabbisogno energetico, e con la drammatica situazione delle emissioni dei combustibili fossili, appare lampante.

Il 13 giugno scorso è comparso sui giornali, un intervento di James Lovelock, 90 anni, chimico, medico e biofisico, lo scienziato che ha ideato la teoria di Gaia, che descrive il pianeta come un organismo vivente, come un complesso sistema in cui tutti i componenti della biosfera e dell’atmosfera interagiscono per regolare e sostenere la vita. Lovelock gode di ampio riconoscimento presso la comunità scientifica, è titolare di almeno 50 brevetti d’invenzioni, tra cui i primi apparecchi per individuare i clorofluorocarburi, i gas responsabili dell’assottigliamento della cappa di ozono, e i residui di pesticidi nell’ambiente. Sul cambiamento climatico ha dichiarato:

“Non che non possa contare su scienziati eccellenti. Ma i suoi modelli informatici non rendono conto della risposta della biosfera all’aumento della temperatura causata dal riscaldamento globale, né registrano la risposta delle foreste o degli oceani alla maggiore concentrazione di biossido di carbonio. E non sono ancora in grado di tracciare un modello dell’autoregolazione della Terra. L’osservazione dei dati rivela che l’aumento del livello dei mari è di molto superiore, e che lo scioglimento dell’Artico procede ad un ritmo molto più elevato rispetto alle previsioni dell’IPCC (Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico).

La Terra si sta già muovendo verso una fase più calda, in risposta ai cambiamenti che abbiamo provocato trasformando gran parte della superficie del pianeta, e aggiungendo CO2 nell’atmosfera. Non dimentichiamo poi che un tempo la Terra era già ricoperta quasi interamente di foreste, che erano una parte importante del sistema regolatore della vita del pianeta. Secondo la teoria di Gaia, prima o poi in futuro si produrrà un cambiamento repentino verso un nuovo clima, che potrà essere di 5 o 6 gradi Celsius più caldo di oggi. Secondo le mie stime potremmo avere circa 20 anni per prepararci.

Le aree tropicali e subtropicali saranno troppo calde e secche per coltivare cibo o mantenere la vita umana. La gente sarà costretta ad emigrare verso i poli, verso luoghi come il Canada. Entro la fine del secolo ci sarà meno di un miliardo di persone. La mia speranza è che a quell’epoca saremo ormai civilizzati, e che gli abitanti del Nord del pianeta accetteranno di ospitare una quantità inimmaginabile di “rifugiati climatici.”

Siamo sopravvissuti all’ultima era interglaciale, quando il ghiaccio ricopriva gran parte dell’America del Nord e dell’Europa, e il livello dei mari era di 120 metri più alto rispetto ad oggi. Il primo passo è smettere di credere ciecamente che l’unica cosa che possiamo fare sia ridurre la nostra impronta di carbonio, e cominciare i preparativi per adattarci a quello che verrà.”

Alla fine dell’intervista aggiunge: “Il nucleare è l’unica fonte di energia pratica e a basso tenore di carbonio. La protesta degli ecologisti è insensata. Il biossido di carbonio è molto più pericoloso, come stiamo cominciando a capire. L’energia nucleare è più sicura di altre, e le preoccupazioni sullo smaltimento delle scorie sono infondate. In Francia, le scorie radioattive di 25-30 anni sono immagazzinate in un’area ben protetta, delle dimensioni di una piccola sala concerti.”

E’ dall’inizio degli anno ’70 che conosciamo le cattive condizioni dello strato d'ozono sopra l'Antartide, e i satelliti della Nasa rivelano le dimensioni del famoso “buco” nel prezioso ozono che protegge la vita sulla Terra. E se l'Antartide aumenta la perdita annuale dei ghiacci, da 112 miliardi di tonnellate nel 1996 ai 196 miliardi di tonnellate nel 2006, nello stesso periodo l'area occidentale della Groenlandia si riscalda e lo scioglimento dei suoi ghiacci cresce del 30% nei 10 anni suddetti. E’ chiaro che le zone polari si presentano come il più vulnerabile dei problemi ambientali del pianeta.

Una spinta aggiuntiva al disastro, deriva dalla crescente importanza economica e geopolitica rivestita dalle due regioni artica e antartica che hanno risorse minerarie (ferro, diamanti, oro, platino, nickel e il prezioso uranio) e petrolifere (40 miliardi di barili) che fanno gola a molti Paesi tenuti a freno momentaneamente, da una trattato sottoscritto nel 1959. Ora, però, gli interessi delle grandi potenze premono e, al Polo Sud gli americani hanno inaugurato nel 2008, un nuovo insediamento alla Amundsen-Scott South Pole Station, mentre i cinesi hanno stanziato 57 milioni di euro per la loro terza base a Dome A.

Al Polo Nord russi e americani hanno avviato esplorazioni dei fondali artici per rivendicare l'eventuale diritto di sfruttamento dei grandi giacimenti di idrocarburi (si calcolano circa 10 miliardi di tonnellate) che diventano ora sfruttabili grazie alla ritirata dei ghiacci, la stessa che ha appena aperto il passaggio a nord-ovest, prezioso alle rotte commerciali. La scomparsa del simbolico passaggio a nord-ovest diventa una disgrazia planetaria, mentre le popolazioni Inuit sono preoccupate per i possibili disastri ambientali, ma anche consce e forse sedotte delle opportunità economiche legate al turismo, che offrirebbero migliori condizioni economiche.

Mentre le estremità polari manifestano l’accellerazione dei mali ambientali del pianeta, dalla profondità della Terra sale un flusso enorme di energia, stimato fra i 30 e i 40 miliardi di kilowatt. È la forza geologica che riesce a spostare i continenti, a sollevare le montagne, a mantenere attivi i vulcani, e causare i terremoti. L’origine di tanta energia, non è del tutto chiara, e l’enorme quantità di energia emanata, purtroppo è dispersa e diluita su una superficie troppo vasta.

Nel 2006, un gruppo di fisici giapponesi impegnati nell’esperimento “Kamland” realizzato in un laboratorio sotto il monte Kamioka, sono riusciti a studiare e a misurare il contributo degli elementi radioattivi al flusso del calore terrestre, e hanno valutato che almeno 16 miliardi di kilowatt sui 30-40 emanati dal suolo terrestre derivano dal decadimento di uranio, torio e potassio 40. Queste ricerche sono interessanti anche dal punto di vista pratico, perché il prezzo dell’uranio è triplicato negli ultimi tre anni, in quanto le scorte note sono limitate e la stretta petrolifera spinge al rialzo tutte le fonti di energia.

Mi potrebbe dire, il professor Lovelock, un signore distinto e di ottima caratura mentale, dove mai potremmo trovare le sempre maggiori quantità di plutonio ed uranio di cui potremmo avere un bisogno sempre esponenzialmente superiore, laddove tutta la terra abbracciasse la sua teoria? Ma intanto io sto con i mulini, perché sono come Don Chisciotte, e perché conosco la soluzione alternativa e la considero un po’ troppo definitiva.
Buona erranza
Sharatan

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