mercoledì 7 ottobre 2009

Fuggire dalla giungla


Fortunato è il leone che verrà mangiato dall'umano,
perché il leone diventerà umano.
E disgraziato è l'umano che verrà mangiato dal leone,
poiché il leone diventerà comunque umano.
(Vangelo di Tommaso, 6)


L’uomo è alla continua ricerca di un senso perché egli non ha una natura definita come gli oggetti, ma è lui stesso che deve scoprire il suo significato. La ricerca della verità è perciò una ricerca eterna che ha inizio ma non ha una fine, e se crediamo alla reincarnazione forse inseguiamo la verità da secoli. L’uomo è un divenire per poter essere, ma per poter essere bisogna essere padroni e non schiavi.

Georges Ivanovič Gurdjieff, il grande mistico armeno, diceva che l’uomo è come una carrozza, in cui il conducente è ubriaco e il padrone dorme profondamente, perciò nessuno conduce i quattro cavalli che trainano la carrozza e che la sballottano ovunque, tirando ognuno da una parte diversa. Chiunque può prendere il comando del veicolo, perché il cocchiere è ubriaco e il padrone dorme profondamente.

Questa è la rappresentazione della vita vissuta con il centro più intimo addormentato profondamente, con la consapevolezza che dovrebbe essere la padrona, e che è invece ubriaca. I desideri e le emozioni che sono rappresentate dai cavalli fanno procedere la vettura sbattendola contro rocce e alberi, si viaggia nell’oscurità profonda facendoci del male: una vita di questo genere diventa un incubo e non una celebrazione. Osho descrive i livelli di crescente consapevolezza, elencando i quattro stadi evolutivi della consapevolezza umana.

Il primo stadio è quello della giungla che è lo stato del sonno profondo in cui vivono la maggioranza delle persone. La ricerca esiste ma è inconscia, non intenzionale, e si procede a tentoni in modo casuale. A volte giunge un barlume, ma dura poco e non si fissa nella memoria, perché se non si cerca una cosa non si può vederla. Le persone agiscono come se fossero addormentate e la vita scorre in modo meccanico; così viviamo in balia degli assalti dei desideri e delle emozioni, così viviamo come macchine comandata da pulsanti.

Questo è lo stato che Jung chiama dell’inconscio collettivo, e che Freud chiama dell’inconscio psichico, ed è lo stato più basso di consapevolezza. A questo stato nessuna ricerca è possibile, perché non siamo padroni della nostra vita ma restiamo in balia degli eventi e delle emozioni. Nello stato della giungla l’uomo è una folla perché in lui vivono molte persone scollegate e frammentarie, egli non è un’anima integra.

Gurdjieff credeva che l’uomo non nascesse con un’anima, ma con molti io che devono fondersi per creare l’unità, solo quando questo avviene allora abbiamo un’anima o meglio, diventiamo un’anima. Alla gente della giungla non interessano le domande, essa vuole solo risposte, perciò accetta qualsiasi risposta che gli offra sicurezza, perché per fare delle domande bisogna soffrire e sapere accettare un pericoloso viaggio dentro noi stessi.

Le persone della giungla sono molto istruite, si proclamano sapienti ed eruditi, ma viaggiano in luoghi fitti e oscuri in cui spingono anche coloro che incontrano sul loro canmmino: osservano religioni formali e ortodosse e si aggrappano a credenze accettate. Essi non accettano coloro che fanno troppo domande perché creano dubbi e problemi, infatti non desiderano essere scossi, e vogliono continuare a vivere nel loro mondo sicuro di ideologie certe e di formalità accettate.

Il secondo stadio è quello della foresta, che è molto simile alla giungla, solo che la foresta possiede dei sentieri che si possono percorrere. Se la giungla era il sonno, la foresta è il sogno per cui si può tentare una ricerca, l’importante è iniziare a muoversi, anche se dovesse costare degli errori, perché la vita comporta dei tentativi che possono essere anche infruttuosi e fallaci.

Forse il problema è quello di vedere troppe vie, e di non riuscire a riportare l’ordine, perciò si può avvertire il caos, e per accettare il caos bisogna essere un po’ folle, un po’ anticonformista. Se siamo nella foresta siamo disposti a rischiare, e vogliamo cercare un maestro, perché la strada è lunga ma il ricercatore non vuole delle risposte confezionate, ma è confuso dall’esistenza di troppe risposte.

Al terzo stadio abbiamo il giardino che è lo stato del risveglio, in cui siamo consapevoli e vediamo il giorno. Se siamo qui, facciamo a meno di maestri e di guru perché vogliamo un vero Maestro. Con lui vogliamo un contatto personale, perché non siamo interessati ai suoi insegnamenti ma alla sua presenza, infatti solo guardando profondamente dentro un essere possiamo vederne la sua essenza reale. Siamo disposti a disimparare quello che sappiamo e disporsi ad accogliere il messaggio dell’altro.

Trovare un Maestro vuol dire trovare un punto e un accesso al divino, ma dobbiamo sentire che quello che è giunto a noi è un buon maestro, poiché un maestro ci aiuta solo se ci si adatta. Se non fosse tale dobbiamo allontanarci perché non potrebbe esserci di aiuto. Il Maestro non darà tutte le risposte ma toglierà tutto, lasciando l’allievo nudo, limpido e innocente, privo di ogni risposta esterna. Quando le domande non sono fornite dall’esterno, siamo costretti a ricadere all’interno di noi, e la domanda ci si rivolge contro, dritta al centro del cuore, acuta e veloce come una freccia.

Infine siamo allo stadio della casa, che gli indù chiamano turiya, cioè il quarto stato. Quando sei al quarto stato sei arrivato, sei giunto al centro del tuo essere e hai sollevato il velo che impediva lo sguardo. La verità che hai visto non ha bisogno di parole e non si comunica con le parole, può essere solo conosciuta.

Solo l’esperienza può rivelare la verità, solo la manifestazione può essere percepita. Se hai visto ma vorresti condividere, sappi che questo è impossibile, perché l’esperienza è solo tua e non è comunicabile. Nessuno può vedere con gli occhi dell’altro, nessuno può sentire con il cuore dell’altro perché trovi solo se cerchi in prima persona. Su cosa cercare e su come cercare facciamocelo dire dal Grande Maestro.

Nel Vangelo di Tommaso, il manoscritto copto scoperto nel 1945, a Nag Hammadi in Egitto, Gesù spiega: “Coloro che cercano cerchino finché troveranno. Quando troveranno, resteranno turbati. Quando saranno turbati si stupiranno, e regneranno su tutto.” Gesù insegna che, se non cerchiamo la luce interiore che illumina tutto l’universo resteremo immersi nell’oscurità interiore ed esteriore.

“Chi berrà dalla mia bocca diventerà come me; io stesso diventerò quella persona, e tutte le cose nascoste gli si riveleranno.” Nel testo Gesù dice: “Poiché sei il mio gemello e il mio vero compagno, esamina te stesso e scopri chi sei … Poiché sarai chiamato mio gemello … sarai chiamato ‘colui che conosce se stesso’. Perché chi non conosce se stesso non conosce nulla, ma chi conosce se stesso conosce simultaneamente la profondità di tutte le cose.”

Al versetto 50 aggiunge: “Se vi chiedono ‘Da dove venite?’ dite loro ‘Veniamo dalla luce, dal luogo dove la luce si autogenerò , si innalzò e si manifestò nella loro immagine. ‘Se vi chiedono ‘Chi siete voi?’ rispondete ‘Siamo i suoi figli, e siamo gli eletti del Padre vivente.” Gesù ci insegna che per scoprire chi siamo dobbiamo solo ritornare a casa.

Buona erranza
Sharatan

Nessun commento: