giovedì 22 ottobre 2009

Le visioni di Giovanni!


Ogni ricercatore spirituale viene attratto dal Vangelo di Giovanni. Di lui, di Giovanni, sappiamo che era figlio di Zebedeo e di Salomè, che era fratello di Giacomo il Maggiore, che era stato pescatore e discepolo del Battista prima di diventare discepolo di Gesù, e che fu "chiamato" mentre sistemava le reti da pesca con il padre e il fratello. Nel suo vangelo egli stesso si definisce come il discepolo prediletto, colui che poggiò il capo sul petto di Gesù e colui a cui Gesù morente affidò la Vergine Maria.

Quando Ireneo si accinse a studiare i testi gnostici per conoscerli e confutarli, si trovò davanti uno strano tipo di “falsi dottori” che “rigettavano la verità” con racconti di cosmogonie e favole di ogni genere sull’origine del mondo e su ciò che era esistito prima ancora dell’inizio; tutte baggianate con cui gli eretici abbindolavano gli ingenui creduloni. Dello gnostico Valentino restano pochi frammenti tra cui alcuni versi del suo poema sulla nascita dell’universo in cui egli scrive:

“Tutte le cose vedo sospese attraverso lo spirito;
tutte le cose portate attraverso lo spirito;
la carne che dipende dall’anima,
l’anima legata all’aria,
l’aria che dipende dall’etere,
dalle profondità, e i frutti
del grembo materno,
che generano un bambino.”

In realtà, sia il poeta e maestro cristiano Valentino che tutti i suoi accoliti attribuivano agli insegnamenti di Gesù un’autorevolezza superiore a tutta la Bibbia ebraica, poichè Gesù è superiore a tutti i più grandi profeti. In una lettera del valentiniano Tolomeo ad una aristocratica romana, la nobile Flora, il maestro scrive: “la parola di Gesù è la sola che possa condurre a comprendere la realtà senza commettere errori.” Ireneo sapeva che, quando discutevano, gli eretici citavano a menadito le lettere di Paolo, i vangeli di Matteo e di Luca ma, soprattutto, si facevano forti del vangelo di Giovanni ma interpretandolo alla maniera loro, cioè in modo deviato.

Di questo Ireneo si convinse soprattutto quando si trovò a leggere il famoso Commento a Giovanni scritto da Eracleone, il più rispettato discepolo di Valentino, e da cui concluse che gli eretici davano delle scritture le più fantasiose e fuorvianti interpretazioni, fortemente istigate dall’aberrante passione per gli enigmi e per i misteri. E queste letture fanno accrescere la serie di aberrazioni che minacciano la Chiesa di nostro Signore, perchè nei testi sacri va letto il senso più evidente, il più palese, perché nella Parola di Dio vi è una norma di verità che non va confusa con le blasfeme fantasie degli eretici.

Delle scritture, conclude Ireneo, non vanno fatte letture selvagge e sfrenate, in esse vanno lette le vere parole per quello che sono, con il loro valore più ovvio ed inequivocabile senza farci tanti ricami sopra. Ma se leggiamo il vangelo di Giovanni come verità, sapendo che, senza dubbio, vi è la vera testimionianza di Giovanni riguardo a Gesù, ci accorgiamo che alcuni avvenimenti appaiono diversi dalle versioni corrispondenti che ne danno i canonici di Marco, Matteo e Luca.

E la stessa cosa fu notata anche da Origene d’Alessandria, uno dei primi padri della Chiesa orientale, il quale affermò che Giovanni, anche quando diceva cosa inesatte rispetto agli altri tre vangeli canonici, pur sempre affermava delle verità spirituali reali. I testi sacri vanno letti, affermava Origene, anche per il loro significato simbolico, e tutte le Scritture vanno lette e meditate nel loro significato più profondo. Appare chiaro che, fu per colpa della sua simpatia per le letture selvagge della Parola, se Origene venne condannato anche lui come eretico.

Ireneo deve lavorare duramente contro la diabolica lettura dei valentiniani, perché essi sono ben preparati e in più posseggono testi di grande potenza seduttiva come il vangelo di Verità. In esso si dice che il mondo senza Dio è un incubo senza fine, in cui uomini e donne “Sono come le ombre e i fantasmi della notte … proprio come se fossero immersi nel sonno e pervasi da sogni inquietanti.” Ma, esso dice, da questo orrore si può sfuggire perché non appena scopriamo la presenza di Dio, l’incubo dell’uomo si dissolve poichè il Soffio Divino, lo Spirito Santo, “si affrettò a rialzarlo, allorchè tese la sua mano a colui che giaceva a terra.”

Il vangelo di Verità, echeggiando il prologo di Giovanni, dice: “il Logos del Padre … Gesù di infinita dolcezza … sostenta il tutto … e prende forma del tutto” per restituirlo a Dio. “Egli lo purifica e lo fa ritornare al Padre, alla Madre.” Questo "eretico" Vangelo rivela che ciò che noi vediamo in Gesù e poi in Dio, dipende dal nostro bisogno che abbiamo di lui e dalla nostra capacità di saperlo vedere. Il divino è inneffabile ed inimmaginabile per la nostra comprensione che è legata solo alle immagini e alle parole, ma esse posseggono una tale potenza immaginifica da farci allargare la nostra gamma percettiva fino a farla divenire inconcepibile; ma ciò avviene solo se ci stacchiamo dal velo delle apparenze.

Nel vangelo di Verità si afferma che, benchè Dio non sia né maschio e né femmina, esso va evocato sia come Padre che come Madre, che Gesù è il “buon pastore” di Matteo e Luca, che è il “mistero nascosto della saggezza” di Paolo, che è il “verbo di Dio” di Giovanni, ma che Gesù inchiodato alla croce non è la vittima sacrificale, ma è un Gesù inchiodato all’albero della conoscenza. Cristo crocefisso è il frutto di quell’albero di conoscenza, ma Cristo non è un frutto di perdizione, come in Adamo, ma egli è il frutto della redenzione per tutti coloro che se ne cibano. Gesù Cristo non conferisce delle conoscenze intellettuali ma spinge alla vera conoscenza, che è la consapevolezza del riconoscimento reciproco. Dice: “Egli infatti li trovò … in se stesso ed essi trovarono lui in se stesso.”

Così inizia lo scritto: “ Il vangelo di Verità è gioia per coloro che dal Padre della verità hanno ricevuto la grazia di conoscerlo.” Questo vangelo è gioia perché trasforma la comprensione che abbiamo di Dio e di noi stessi, perché quelli che ricevono la sua buona novella non percepiscono più Dio come crudele, meschino, aspro, iracondo e vendicativo come il dio terribile dell’Antico testamento, ma conoscono il Padre assolutamente buono, imperturbabile, misericordioso, dolce e conoscitore di tutti i luoghi prima ancora che essi vengano ad esistere, che è poi il vero Padre celeste.

Nel vangelo di Verità lo Spirito Santo è il soffio divino: esso è lo stesso con cui il Padre esalò l’universo degli spiriti viventi, perchè i “figli del Padre sono il suo profumo” e con esso egli ricondurrà l’intero creato nell’abbraccio della Sorgente divina. Il Vangelo di Verità esorta coloro che scoprono Dio in se stessi e se stessi in Dio, a trasformare la loro gnosi in azione: “Parlate della verità con coloro che la cercano, della gnosi con coloro che, nel loro errore, hanno peccato … rinforzate il piede di coloro che vacillano, tendete la mano a gli infermi. Nutrite quanti hanno fame, consolate coloro che soffrono, innalzate quanti lo desiderano.” Preoccuparsi degli altri e fare del bene: è così che si esegue la volontà del Padre.

In sostanza, Gesù afferma che lo scopo delle sue sofferenze è rivelare la natura della sofferenza umana e insegnare ai suoi discepoli un paradosso che affermò anche il Budda, e cioè che colui che diventa consapevole del dolore se ne libera. Ma quando Ireneo lesse queste parole affermò che i valentiniani avevano creato delle follie con le loro fantasie. Essi avevano inventato un Gesù falso, fuoviando i fedeli dal Gesù vero: il Logos divino che non ha alcuna affinità con la natura umana, poiché essa si è corrotta irreparabilmente con il peccato originario.

Ogni nostra affinità con Dio si è cancellata quando ci siamo arresi alle forze del male, quando abbiamo creduto alla suadente voce dell’antico serpente e abbiamo seguito i suoi suggerimenti. Benchè fin dall’origine appartenessimo a Dio, il demonio che è il grande apostata, ci allontanò da Lui contro natura, facendoci suoi discepoli e la nostra condizione diventò disperata: per questo Gesù scese a salvarci come Verbo di Dio fatto carne, miracolosamente nato da una vergine e risorto nella sostanza della carne.

Solo questo era il senso delle scritture, pensava Ireneo, e questo vero verbo andava difeso dalle teorie degli eretici che si rifiutano di riconoscere l’unicità di Gesù e che lo vedevano più uomo che come Dio: essi sono dei folli che predicano un Gesù che trascende ogni concezione di esistenza umana. Questo era il pensiero che andava difeso dall’eresia, perciò Ireneo chiese a tutti i credenti di distruggere ogni testo degli eretici, e di bruciare l’interminabile “multitudine di scritture apocrife e false, le scritture segrete” dei deviati eretici.

Ireneo costruì un unico e vero canone ma, per costruirlo, dovette rimaneggiare proprio il vangelo di Giovanni, che era una delle armi preferite dagli eretici e in cui si proclamava l’origine divina di Gesù. Era un testo affascinante, sostenuto da una robusta interpretazione del valentiniano Tolomeo, che immaginava Dio, il Logos e infine Gesù, come onde di energia divina che dall’alto scendevano verso il basso, sicchè l’infinita sorgente divina si rivelava in forma diminuita di Verbo, il quale a sua volta si manifestava in forma ancor più delimitata nel Gesù umano.

Ma questa interpretazione, sapeva Ireneo, non era la vera intenzione della testimonianza di Giovanni perciò andava fatto un riordino radicale, rinforzando le interpretazioni corrette delle Sacre scritture ed estirpando le falsità. Così egli ripulì l’abisso di abiezione costituito dalle eresie, poi passò ordinatamente a definire gli ambiti dell’ortodossia e dell’eterodossia ma, una volta che ebbe fatta tutta questa complessa delimitazione territoriale, non si trovò lo spazio per i maestri spirituali, perciò Ireneo dovette bandirli definitivamente dal grembo della sua chiesa.

Buona erranza
Sharatan


Nessun commento: