sabato 27 agosto 2011

La serie delle distrazioni samsariche


“E’ ridicolo addossare le colpe dei nostri errori a cause esterne,
anziché alla facilità con cui siamo catturati da queste cause.”
(Aristotele)

Nel buddismo tibetano si afferma che la coscienza viene formata dai pensieri e che viene strutturata usando gli schemi mentali che sono ricavati dai nostri modi di vivere, e queste strutture servono per nascondere l’incapacità di essere e di esistere in modo autonomo. Gli uomini si distraggono inventandosi delle realtà fittizie che i tibetani chiamano “le sei sfere” e che sono costituite dalle emozioni, dai sogni a occhi aperti e dai pensieri che sorgono, che culminano e che si intrecciano uno all’altro. I pensieri sono chiamati i generali dell’ego, poiché di essi si serve l’ego per tenerci occupati e per impedirci di conseguire la consapevolezza di noi stessi.

I pensieri sono nevrotici perché hanno un corso irregolare, infatti variano nella loro carica emotiva e cambiano direzione continuamente, perciò si comportano come un destriero impaziente. La mente umana è visitata da pensieri spirituali, poi viene disturbata dalle questioni familiari, poi indugia in proiezioni rabbiose, essa elabora delle fantasie sessuali e poi passa a questioni ancora diverse, e tutto questo avviene in tutti e in ogni vita. Ogni contenuto mentale diventa funzionale per farci dimenticare la nostra impotenza se cerchiamo di ancorare il senso di noi stessi solo alla materia.

Secondo i buddisti tibetani esistono sei diversi stili di distrazione samsarica che sono utili da conoscere, perché sono sei stili di comportamento che si collocano dentro una particolare visione della realtà e che tutti usiamo, perché sono modalità di vivere e sono delle tendenze che ognuno di noi possiede in un certo modo di camminare, di leggere, di dormire o di applicarsi nella vita. Gli uomini possono sperimentare sei modi di essere e di vivere che sono delle modalità che sono percepibili anche in diversi momenti, ma poi ognuno sceglie una modalità preferenziale per vivere e l'attinge da queste illusorie forme di esistenza samsarica.

Questi stili costruiscono l’immagine del nostro sé e della realtà che viviamo sebbene siano fondati su degli atteggiamenti emotivi transitori e vengono rinforzati solo dalle nostre concettualizzazioni mentali, ma essi vengono scelti, perché ci offrono un modo di essere e di vivere che allevia le nostre insicurezze interiori fornendoci la certezza di avere una condizione definita. Sperimentiamo sempre cambiando il modo di essere e cambiando il regno in cui viviamo, infatti il mondo è un continuo mutamento, perciò anche il nostro rapporto con il mondo diventa samsara cioè un “vortice” e un flusso di confusione in cui ci troviamo avviluppati, perciò impersoniamo sei modi di essere che sono: la sfera degli dei, la sfera degli dei gelosi, la sfera umana, la sfera animale, la sfera degli spiriti affamati e la sfera dell’inferno.

La sfera degli dei corrisponde alla fissazione mentale sull’ego che si trova un approccio spirituale di tipo materiale, perciò può ricercare solo degli oggetti che vengono percepiti come solidi e concreti anziché trasparenti o eterei. La sfera è connotata dalla lotta tremenda improntata sugli estremi di successo/insuccesso, perciò si percepisce la speranza di vincere alternata alla paura di fallire. Alla fine si desidera solo l’eccitazione della sfida, per cui si perde ogni riferimento rispetto all’oggetto da perseguire, in quanto si perde il senso di quello che si sta facendo e si dimentica persino la meta da conseguire.

In questo stato avviene che l’eccitazione si fissa e diventa irrilevante ottenere o meno l‘obiettivo, infatti si oscilla tra il piacere e il dolore che diventano dei sentimenti che si confondono nell’ego. Si avverte uno stato di esaltazione in cui ci si sente come un dio, perciò il sistema è saturato dall’eccitazione che è assieme piacere e dolore: tutto quello che otteniamo diventa celestiale, perché l’ego è tanto esaltato che anche quello che è orribile, spiacevole o aggressivo è visto come magnifico, perciò vediamo l'ego che ha smarrito ogni forma di intelligenza.

L'acquisizione dell'onnipotenza è fondata sull’ignoranza e sulla presunzione, perciò la suggestione è tanto potente che sviluppa l’incapacità di provare la compassione e l’empatia che permette la comunicazione tra gli uomini. L’ipertrofia dell’ego che si crede Dio nasconde l’inganno delle catene, perciò nel buddismo si usa l’immagine del baco da seta che tesse un filo che lo avvolge fino a soffocarlo. Si sviluppa una spiritualità che usa il materialismo per alimentarsi e il meccanismo permane anche nella vita pratica, in quanto si è alla ricerca di piaceri estremi sia livello fisico che mentale, e la fissazione avviene su degli obiettivi solidi e tangibili come la ricchezza, la bellezza, il potere, la paura o la virtù, etc.

L’aspetto inquietante riguarda il senso del piacere di cui si nutre l’ego e con cui si preserva dagli attacchi, poiché sia la speranza che la paura sono smarrite e tutto ciò che si ottiene diventa irrilevante e secondario, perché l’obiettivo non è essenziale, in quanto essenziale diventa la lotta e il piacere della competizione, perciò si ricerca la gioia di lottare per la vittoria, e la lotta e l’eccitazione che consegue nutrono il senso e la forza dell’ego. La sfera degli dei non comporta dolore in se stessa e nel suo percorso, ma diventa dolorosa nella fase finale, perché fa sperimentare la verità che ogni cosa si possa cercare, ma tutto ciò per cui si può lottare non può venire mantenuto in eterno.

Il senso di beatitudine che si sperimenta comporta l’ansia di essere in condizioni precarie perché instabili e momentanee, perciò comporta la preoccupazione di conservare la condizione felice. La situazione umana è karmica e comporta l’arrivo di contrarietà e imprevisti, perciò si perde la fiducia di poter conservare lo stato beato, infatti sorge la tensione interiore e la sensazione di essere stati truffati e di non poter restare nel mondo degli dei. Quando la situazione karmica comporta le situazioni e le situazioni ci mettono alla prova, inizia a crescere la rabbia e la violenza contro chi ci ha fatto conoscere gli dei, perciò si odia doppiamente chi ci può escludere dall’onnipotenza divina.

Nel regno degli dei gelosi o “asura” si sperimenta la paranoia, infatti gli asura pensano in modo strano essendo coloro che sospettano se li vuoi aiutare credendo di poter essere vittima di un raggiro ingegnoso, ma essi sono disposti ad accusarti di egoismo se non li vuoi aiutare. Aiutare un asura equivale a fare del bene a chi interpreterà l'aiuto in modo sempre sbagliato e vedrà ogni aiuto come un tentativo di opprimere, controllare o togliere spazio al suo territorio: se non riteniamo opportuno aiutare un asura, costui diverrà rancoroso e ci accuserà di pensare solo a noi stessi, perciò ogni azione che li coinvolge può essere pericolosa.

La mentalità asura è sospettosa, è collegata alla fretta, all’azione veloce, ai risultati immediati e alla fagocitazione, perciò il carattere è poco riflessivo. Essi sono occupati a fare continui confronti, perché ricercano la sicurezza, la stabilità e la certezza di poter fronteggiare i loro nemici, quindi la loro vita è una perpetua sfida tra loro e il resto del mondo, in quanto percepiscono la continua tensione di potenziali agguati e sentono la necessità di smascherare dei complotti. Per questo gli asura si rifiutano di imparare dal mondo, poiché tutto ciò che giunge dall’esterno è percepito come potenzialmente ostile o nemico.

Nel mondo degli uomini l'occupazione è la passione, poiché essa connota la tendenza intellettuale ad aggrapparsi a ciò che la mente identifica come felicità, in quanto l’uomo sente con acutezza una separazione da ciò che crede piacevole, perciò percepisce la perdita, la povertà, la penuria e sente la nostalgia per gli oggetti piacevoli. Si crede che gli oggetti possano offrire la felicità, però ci sentiamo indegni e inadeguati per avere la felicità, sebbene ci sentiamo indegli di avere la gioia, malgrado tutto si desidera attrarre ciò che si crede piacevole, raffinato e colto, perché l’uomo è molto selettivo, intelligente e pignolo, perciò crea dei canoni e degli schemi a cui attribuisce un valore, e rifiuta e critica ciò che non rientra in questi schemi.

C’è l'atteggiamento di rifiuto o di accettazione totale di ciò che si crede uno stile personale affascinante, perciò si desidera assomigliare a chi è più intelligente e affascinante di noi: tutto ciò che rappresenta la perfezione diventa un esempio da emulare, da possedere e dominare in una sorta di gelosia e di ambizione di voler diventare l’altro. L’essenza dell’uomo è quella di voler emulare l'ideale, infatti tutti vorrebbero essere un grande personaggio fornito di fama, potere e ricchezza, perché si amano i personaggi grandiosi che sanno costruire delle cose grandiose che durano nel tempo.

Ma, sentire che qualcuno è grandioso accentua l'inadeguatezza, perciò esiste il perpetuo confronto e il continuo paragone che alimenta un rete inestricabile di desideri e di sentimenti inappagati, perché il desiderio è unito alla frustrazione. La mente dell'uomo mette al primo posto la conoscenza, la cultura e l’accumulo di concezioni, di informazioni e di sapere, poiché l’intelletto è il centro del mondo umano dell'uomo, e il rischio diventa quello di pensare troppo e di ingolfare la mente al punto da non riuscire più a imparare.

Nel mondo degli dei c’erano pensieri che offrivano la beatitudine, nel regno degli asura c’era una mente persa e offuscata dalla competizione, invece la mente umana è un tumulto di pensieri vorticosi, perché la mente logica cerca le idee, i contenuti, le immagini mentali e ama essere sempre distratta dai pensieri. Il regno umano è molto pensante, è affaccendato e intellettualmente agitato, infatti l’uomo è alla continua ricerca di novità ambiziose e questo causa molta sofferenza, perché le ambizioni possono essere frustrate.

Nel regno animale diventa lampante il motivo per cui l’uomo non si percepisce per come è, infatti la mentalità animale è seria e impegnata a vedere solo ciò che vuole, perciò percepisce solo quello che gli interessa. In questo regno non si guarda al mondo, perché si vede solo il proprio obiettivo e si avanza senza curarsi di quello che abbiamo intorno, infatti è il regno associato alla stupidità, in quanto segue l’istinto che è cieco alla ragione. Volendo raggiungere un scopo non ci si preoccupa di poter fare del male o di distruggere, perché quello che interessa è quello che vogliamo, perciò ogni errore trova una serie di giustificazioni per mantenere l’integrità di sé stessi, e ogni critica trova una giustificazione e una scusa adatta.

La mentalità animale è ingegnosa, perché vede la meta e si disinteressa dei mezzi che usa per conseguirla: è una mentalità ostinata e testarda che è priva della consapevolezza panoramica che sa vedere la vita in tutti gli aspetti, perciò non sa vedere la sua stessa assurdità. Questa mentalità non sa vedere senza usare dei paraocchi, senza usare delle barriere e senza trovare degli alibi o delle scuse, perché l’essenza animale deve accontentare velocemente i suoi desideri e le sue istanze.

L’immagine che viene usata per rappresentare questo regno è quella del maiale che annusa e mangia tutto ciò che trova senza curarsi del fatto che possa avere cibi prelibati o immondizia, infatti il maiale consuma tutto quello che trova senza curarsi di scegliere e di discriminare la qualità del suo cibo. L’importante, per il maiale, è come mangia, infatti è un animale in attività continua che vive chiuso in un cerchio perenne, in quanto l'animale non vede gli altri come uno specchio, perciò non conosce nessuna apertura, nessun abbandono e nessuna forma di autoironia verso se stesso. Lui consuma una cosa poi passa alla cosa successiva e stritola tutto quello che gli sbarra la strada perciò avanza come un panzer, perché l’importante è andare avanti.

Nel regno dei "preta" o spiriti affamatisi si viene ossessionati dal desiderio di diventare ricchi, di espandersi e di consumare sempre più, perché si avverte una estrema povertà interiore, e nessuna cosa è sufficiente a rafforzare l’orgoglio e il senso di inadeguatezza che è presente. La mentalità degli spiriti affamati è rappresentata dall’immagine di un spirito dal corpo minuscolo e dalla bocca minima fornito di una pancia enorme che non riesce mai a riempire, perché la bocca è troppo piccola per ingoiare il cibo che può placare la fame insaziabile dal ventre enorme.

La fame è perenne, perché ciò che si mangia è la cosa che si desidera e il cibo è tutto ciò che si crede appagante perciò si ricerca insaziabilmente il cibo, la ricchezza, il potere, gli abiti, il sesso, gli amici, etc. E tutto diventa una cosa da consumare e viene percepito come una preda da assaporare e ingoiare, ma solo la conquista è appagante e poi sale l’inquietudine e si ricerca la nuova preda da fagocitare per saziare la fame inestinguibile. E' il regno della ricerca di continui svaghi intellettuali, spirituali, sessuali, perché l’intelletto brucia veloce non sapendo apprezzare con sensibilità e profondità: e così non abbiamo nessuna sazietà, perché nulla è appagante se si è incapaci di apprezzarlo.

Il regno infernale è pieno di aggressività e di odio che prevalgono sull’oggetto contro cui sono rivolti, perciò la rabbia porta incertezza e indecisione, perché la violenza e la rabbia riempiono l’ambiente che risponde con pari rabbia e ira. Tutti i sentimenti distruttivi sanno saturare lo spazio e tolgono l’aria, perché tolgono lo spazio in cui si può agire, infatti tutto si blocca e la vita diventa impossibile. L’aggressività può diventare tanto intensa che anche l'uccidere diventa insufficiente per placarla, perchè la rabbia mangia dall’interno e rende distruttivi e autolesionisti, e il dolore di vivere non diventa minore se siamo aggressivi e rabbiosi contro tutto, perché dopo aver distrutto si cerca ancora uno sfogo perciò la sofferenza diventa perenne.

Lo spazio riempito di rabbia e violenza è uno spazio che rende impossibile il vivere, in quanto il tormento della distruzione vuole sempre una maggiore distruzione, infatti l’immagine dell’inferno è il fuoco perché tutta la terra diventa come uno spazio incandescente quando scoppia un incendio che mangia l’ossigeno e impedisce la vita. Distruggendo il nemico riceviamo un colpo di ritorno, e ogni colpo inflitto raddoppia la potenza del ritorno, perciò il gioco di andata e ritorno diventa un rimbalzo di violenza e di odio crescenti, infatti il regno infernale chiude ogni spazio per la risoluzione e il rimedio dell‘errore.

Il paradosso dell’inferno è pensare che l’unico modo di eliminare l’isolamento sia quello di avere una violenza sufficiente a spezzare il cerchio, però questo non crea nessuna vittoria, perché quando si crede di avere vinto una guerra di supremazia ci si ritrova soli, in quanto colui che abbiamo sopraffatto è stato eliminato ed escluso dalla nostra vita. All’inferno si rimane soli, perché l’ira riempie tutto lo spazio, e a stare soli si sente freddo, perciò l’incendio dell’ira viene a riscaldarci, ma la crudeltà della mente infernale è che la rabbia ci lega alla solitudine e al ripetersi eterno di quel gioco crudele.

Buona erranza
Sharatan

2 commenti:

de spin ha detto...

Ottimo articolo. Grazie.

Sharatan ain al Rami ha detto...

Sono contenta che il mio post ti sia piaciuto.
Un caro abbraccio
Sharatan