martedì 1 aprile 2014

Riflessi



“La Via veramente Via non è una via costante.”
(Tao Te Ching)

Secondo Yogananda la coscienza è come un fiore di loto dai mille petali. La coscienza è un armonioso assieme e non è una somma di parti, perciò l’uomo non vive scisso nella mente e separato dalla sua vera natura se impara a unire le sue caratteristiche e funzioni in modo armonico. La somma di tutto il nostro essere reintegrato nella sua totalità diventa Coscienza Suprema, perciò anche la più piccola coscienza individuale è una cosa molto importante e preziosa.

La coscienza individuale aumenta in modo progressivo, perché ogni esperienza la fa espandere e gli fa comprendere a includere sempre più qualità e prerogative differenziate. Quello che tiene separata la nostra coscienza individuale da Satchiananda ossia dalla Beatitudine divina è il fatto che la coscienza individuale diventa un agglomerato composto da tanti “elementi” che diventano dissonanti.

Tra gli “elementi” di fondo che formano la coscienza degli uomini vi è l’irrequietudine, il desiderio che le cose siano diverse da ciò che sono, i desideri che vengono dalla sensazione interna di essere incompleti e le simpatie o antipatie per le cose e le persone. Se risaniamo gli “elementi” che sono divenuti dissonanti possiamo trasformarci e possiamo entrare in Brahman.

Yogananda dice che i maestri sono in grado di immergersi nel grande oceano della beatitudine da cui riemergono, poi, per assumere di nuovo le spoglie dell’essere individuale. L’ego sa immettersi in modo sottile in questo meccanismo per cui, anche i più grandi illuminati possono illudersi di riuscire a fare da soli il grande salto nell’oceano della beatitudine. Ogni forma di presunzione può impedire il raggiungimento del perfetto stato di coscienza in cui tutto è gioia e beatitudine.

Un devoto della conoscenza dopo tante vite di lotta e di duri sforzi ha acquisito la natura del guerriero spirituale che è deciso a eliminare ogni debolezza interiore. Il guerriero dello spirito è spinto a conoscere e combattere, per primo, contro la sua stessa natura. Vorrà primariamente dominare il prevalere degli “elementi dissonanti” finché ogni illusione su se stesso e verso il mondo sarà crollata.

La prima mossa contro l’ego è il riflettere che neppure le nostre qualità e le debolezze ci appartengono, ma sono manifestazioni di forze cosmiche che agiscono tramite la struttura della natura umana. Solo questo dovrebbe mostrare quanto sia fragile l’orgoglio dell’ego, perciò l’uomo può fare solo due scelte cioè scegliere di nuotare verso l’oceano cosmico o scegliere di nuotare verso il flusso di maya.

L’uomo deve eliminare dal suo cuore ogni orgoglio, egoismo e indifferenza se vuole salvarsi. L’uomo deve coltivare un cuore devoto, puro e incondizionato e, alla fine, vedrà che ogni fatica è stata fatta alla presenza del Supremo, dell’Unico e dell’Amato. Yogananda dice che il fiume d’energia che scorre nella spina dorsale va spinto verso l’alto, e la via superiore spingerà verso la verità suprema che ognuno trova con i suoi tempi e metodi.

Dobbiamo avere il massimo rispetto per l’evoluzione spirituale altrui. Non dobbiamo imporre a nessuno le nostre verità anche se sappiamo che sono giuste. Il maggior dovere è amare la conoscenza e coltivare un cuore devoto, generoso e aperto. Ognuno possiede un suo passo e procede con i suoi tempi, perciò chi non sa controllarsi può sentire offensivo l’invito a farlo.

Se una persona non è pronta ad affrontare le sue debolezze reagisce con risentimento se viene toccata nel suo punto dolente. In quel punto sente dolore, perché ricorda che la mancanza di controllo ha già procurato dolore e problemi. Il riconoscimento inconscio della difficoltà ci fa reagire malamente contro chi offre consiglio.

Alcuni hanno perso la devozione e la purezza, perciò il loro cuore è arido. Costoro sono contenti di accudire solo se stessi, sono cinici e materialisti e pensano in modo gretto ai fatti concreti e all’interesse materiale. Poi c'è chi non prende parte a nessuna fazione, perché non vogliono essere scomodi con nessuno. Tutto quello che hanno lo tengono e anche le simpatie e le premure sono rivolte alla loro persona.

I loro cuori sono gusci vuoti e privi di sentimento, perciò anch'essi reagiscono male se sono invitati a tener conto dei bisogni degli altri. Tutte queste persone restano da sole, perché non sanno vivere in modo armonioso con gli altri. Star soli permette di riflettere e imparare ad accettare il dare e il ricevere.

Poi ci sono altri che credono di meritare di più e incolpano un Dio o un destino ingiusto di averli trattati duramente. Anch'essi non accettano nessun discorso alla responsabilità personale. La condizione preliminare per arrivare alla verità è avere la comprensione sufficiente per riconoscerla, perciò per offrire qualcosa ricordiamo che le persone devono chiedere il nostro aiuto.

E anche questo va fatto in prudenza, infatti Yogananda avverte che anche tentare d’imporre la saggezza è un atto di prepotenza. Nulla ci appartiene e neppure l’ego è una cosa nostra. Perciò dobbiamo ridere delle cose che ci tengono legati all’ego, perché la morte uccide l’ego ma non tocca ciò che siamo veramente.

Impariamo a vivere senza l'attesa dell’approvazione esterna e della considerazione degli altri. Non viviamo più aspettando quello che non abbiamo, perché abbiamo tutto quello che ci serve per essere felici. Dobbiamo imparare a restare centrati nel Sé anche se è un sé minuscolo, e dobbiamo sentirlo presente come siamo presenti alla nostra realtà esterna.

Ogni cosa ruota intorno al nucleo del Sé, perciò qualsiasi cosa facciamo per vivere non è importante quell'azione se noi viviamo rettamente e con un atteggiamento interiormente libero. La libertà interiore è la virtù morale suprema, dice Yogananda, e la pratica più importante del guerriero spirituale è quella di eliminare i coinvolgimenti dell’ego.

Per molti il “non fare” è un'astenersi dall'agire, infatti essi pensano di poter passare davanti alle cose peggiori guardando altrove per non vedere. Ma il “non fare” fa accumulare karma negativo, perché il rifiuto ad agire è un’attività di violenza contro la volontà che ha carattere attivo perciò questo implica il compimento di un’azione negativa.

Yogananda dice che l’ego è come la luna che si riflette in molti recipienti pieni di acqua. Anche se ogni vaso riflette lo stesso riflesso lunare ognuno pensa di essere un riflesso unico, individuale. Se volessimo guardare verso il cielo notturno vedremmo che c'è un’unica luna che si riflette in molti vasi diversi.

Ogni recipiente è diverso per forma e per caratteristica. Un vaso può essere calmo, un altro può essere agitato, e un altro può avere acqua inquinata o colorata con colori diversi. L’anima di ogni essere è fatta in modo di riflettere Satchiananda, la Beatitudine divina, ma la beatitudine riflessa viene filtrata dalla coscienza individuale, perciò l'apparenza e la manifestazione può diventare diversa.

Se la mente è agitata anche la sua beatitudine naturale è agitata, se essa è molto distorta e disturbata anche la sua natura rifletterà il dolore e la sofferenza. I nostri sentimenti hanno tutte le “impurità” dei desideri e degli attaccamenti che la nostra mente subisce, perciò anche la beatitudine che rifletteremo sarà distorta e disturbata sebbene quella distorsione sia presente solo nel riflesso.

Ricordiamo che la luna è una ed è immobile nel cielo, perciò avviene la stessa cosa per la consapevolezza che è colorata con le sfumature dell’acqua colorata contenuta nei vasi. La consapevolezza può essere offuscata dai colori dei desideri e degli attaccamenti, perciò la naturale beatitudine è offuscata dai riflessi dell’ego e viene distorta dalle sue imposizioni.

Se i sentimenti hanno impurità e distorsioni condizionano la chiarezza fondamentale dell’anima che potrebbe risplendere limpida nella sua coscienza. In realtà il progresso spirituale non è raggiungere un qualcosa di ambizioso, ma è saper eliminare i riflessi dell’ego che ci impediscono di vedere uno spicchio di luna.

Il corpo fisico è come una bottiglia che contiene acqua, perciò il liquido contenuto all’interno della bottiglia è il modello originario del corpo astrale che è fatto di luce e di energia. Finché il corpo astrale resta “inquinato” dai desideri materiali deve creare un corpo fisico che lo contenga nuovamente.

Chiaramente nulla è perfetto, ma se restiamo legati solo alla bottiglia restiamo legati agli elementi esterni. A livello spirituale, la coscienza che è legata al corpo è la coscienza più lontana dal contatto con lo Spirito Supremo. Se viviamo coscientemente nel nostro corpo astrale andiamo sempre più verso quel contatto finale.

Yogananda dice che il corpo astrale di energia ha ancora un involucro interno che è il corpo causale fatto di idee. Il corpo fisico è fatto di carne, ossa e sangue perciò è composto da 16 elementi. Confrontando il corpo astrale e quello causale con il corpo fisico vediamo che il corpo astrale contiene 19 elementi che consistono di varie forme di energia.

L'astrale governa i 5 sensi e il potere che è inserito nei sensi, la mente, l’intelletto, l’ego e il sentimento, perciò vediamo che l’ego è un elemento del corpo astrale. Il corpo causale consiste di 35 elementi che sono l’insieme dei 16 elementi fisici e dei 19 elementi astrali. Poiché la materia si manifesta originariamente come vibrazione che si propaga nell’etere vediamo perché dello yogi che raggiunse il dominio dei suoi corpi si disse che ha il potere di governare gli elementi.

Si dice che possono diventare inamovibili come una roccia, che possono camminare sull'acqua o sul fuoco, che possono levitare o espandere la loro coscienza facendo viaggiare il corpo astrale mentre il corpo fisico è altrove. Il filosofo Henri Bergson dice che ci sono due modi di conoscere una cosa. Il primo modo implica di girarle intorno mentre il secondo cerca di penetrarla. Il primo modo dipende dal punto di vista che scegliamo e dai simboli che usiamo, mentre il secondo modo non dipende da nessun punto di vista e non poggia su alcun simbolo. La prima forma di conoscenza si ferma al relativo, mentre la seconda cerca di raggiungere l’assoluto.

Tutta la realtà è come un oceano infinito chiamato l’infinità dello Spirito. Nell’oceano dello Spirito appaiono le onde che si manifestano in forma individuale. Ogni ego è rappresentato da un’onda diversa, perciò l’obiettivo della pratica spirituale è ritirare la nostra onda per riportarla verso l’infinito. Yogananda narrò una storia per far capire come l’ego ritorna e viene riassorbito nello Spirito infinito.

La storia narrata è quella di John che fu un uomo che si era manifestano per eoni di tempo in forma di onde multicolori fluttuanti nell’oceano dello spirito. Era sempre stato spirito manifesto calato nella forma, ma lui si era sentito sempre come essere separato. Quando l’individualità detta John si fuse con l’Oceano dello Spirito non fu più onda ma seppe di essere Dio che è divenuto John per molte incarnazioni, finché comprese che la separazione era solo illusione.

Ma, tornando a essere Dio, l’individualità di John non fu cancellata: il ricordo di ciò che era restò, e non smise di essere. Nulla va mai perso perciò, grazie alla memoria, anche l’ego resta e continua ad esistere dentro la Coscienza Cosmica, perché può ritorna a esistere ogni volta che l’Infinito lo vuole.

La realtà delle onde non è fissa, perché tutto ciò che galleggia, s'innalza e ricade. L’onda è reale solo come vibrazione, perciò resta anche l’ego che esprime le caratteristiche di una vibrazione che è una diversa forma di manifestazione dell’infinito.

Buona erranza
Sharatan

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