“La donna è la madre, il tesoro incalcolabile
che Dio vi ha dato; esse sono il più
bell’ornamento dell’universo, e da esse
nascerà tutto ciò che abiterà il mondo.”
(Isha Natha, Ms. di Hemis)
Yogananda dice che l’Intelligenza divina è presente nella più piccola particella, perché anche la vita più microscopica è dotata d’intelligenza e di coscienza di sé. Chiaramente la coscienza della formica è limitata al suo piccolo corpo mentre quella dell’elefante è maggiore, invece l’Intelligenza divina si espande in tutto il creato. L’Intelligenza universale, nelle scritture induiste, è detta katastha chaitanya e fu pienamente manifestata nell’incarnazione di Gesù Cristo e in quella di Krishna. Ma questa coscienza sublime fu manifestata pure da altri esseri divini così come si può manifestare in ogni coscienza compresi noi stessi.
Se immaginiamo di restare reclusi per anni in una stanza chiusa penseremo che tutto il mondo sia la stanza in cui siamo rinchiusi. Se immaginiamo di venire liberati avremo la sensazione che il piccolo mondo costituito da una stanza si espande fino a diventare un mondo maggiore. Se immaginiamo di salire in alto avremo una visuale maggiore che sarà più ampia con una visione aerea. Perciò una visuale si può ampliare fino al livello planetario e galattico oppure cosmica. Ebbene, la coscienza cristica è estesa oltre tutti i confini dell’universo vibratorio.
Tutto il creato è una realtà vibratoria e nella sua totalità esprime l’universo vibratorio. Yogananda dice che lo Spirito si nasconde in questa materia vibratoria così come l’olio si nasconde nell’oliva. Quando si spreme l’oliva affiorano le minuscole gocce di olio che sono le anime individuali. Lo Spirito segue un processo evolutivo perciò emerge dalla materia sotto forma di anime individuali. Lo Spirito si manifesta come bellezza, energia magnetica e chimica nei minerali e nelle gemme, mentre si manifesta come bellezza, vita, energia, movimento e coscienza negli animali.
Nell'uomo si manifesta come capacità di comprensione e di energia. Poi torna, di nuovo, all’Onnipotente quando avviene lo sviluppo dell’uomo superiore. Vediamo che ogni fase evolutiva presenta lo Spirito che si manifesta in fase crescente. L’animale è l'organismo che è stato liberato dal vincolo dell’inerzia che è tipico dei minerali. Ma è libero anche dalla staticità tipica delle piante, infatti si muove per esplorare il creato. L’uomo ha molte qualità e la libertà di muoversi, ma ha pure una coscienza di sé con cui può capire i suoi simili.
L’uomo sa proiettare la sua mente con l’immaginazione e viaggiare con il pensiero oltre gli spazi siderali. L’uomo superiore espande la sua energia vitale e la sua coscienza oltre i limiti del corpo, e sa percepirsi come una parte di tutto quello che esiste. L’uomo superiore riconquista la perduta onnipresenza dello Spirito che è stata racchiusa nell’anima sotto forma di Spirito individualizzato. La coscienza di Gesù riuscì ad ampliarsi oltre ogni limite e superò tutto l’universo vibratorio abbattendo lo spazio e il tempo.
Così l’uomo Gesù diventò il Cristo con una coscienza onnipervadente diventando uno con la coscienza cristica. Secondo le scritture indù tutte le anime che lavorano alla realizzazione del Sé possono chiamarsi, a buon diritto, “figli di Dio”. Perciò il potere di realizzare il Cristo non è esterno ma è una conquista interiore, e le dottrine di Gesù sono insegnamenti che dicono come diventare simili a Cristo.
Yogananda dice che Gesù Cristo era una manifestazione divina come è dimostrato dai saggi orientali che vollero onorare la sua incarnazione. In India c'è una lunga tradizione in cui si narra che i tre saggi erano grandi maestri indiani venuti a rendergli onore. Ma nei Vangeli non c’è traccia di rapporti tra Gesù e l'Oriente, però c'è un periodo che va dai 14 anni ai 30 anni della sua vita che sono considerati “anni oscuri” di cui non sappiamo nulla. E non è strano che una vita così notevole abbia una lacuna tanto vistosa, chiede Yogananda?
In realtà sappiamo che, in India, questo periodo è documentato, e questi testi rivelano ciò che i Vangeli omettono. Una trascrizione di questi testi è stata fatta da Nicolas Notovich. Notovich era nato in Crimea nel 1858 da genitori ebrei, ma suo fratello si era convertito alla religione greco-ortodossa. Nicolas era giornalista, studioso di storia politica ed esperto di religioni. Durante gli anni ’70 del sec. 19., viaggiò nei Balcani, in Asia centrale, andò in Persia e arrivò in India nel 1887.
Visitò il Tempio d’oro di Amristar, nel Punjab, andò a Rawalpindi e raggiunse il Ladakh. Arrivò a Kargil viaggiando a dorso di pony insieme ai portatori e alle guide locali. A Mulbeck visitò due monasteri e vide la grande statua rupestre del Buddha Matreya scolpita nel 700 d.C. arrivando fino al piccolo monastero sulla collina. Mentre parlava con l’abate, Notovich vide che c’era una base comune tra la dottrina del Buddha e il cristianesimo.
Nel continuare a parlare con il suo ospite, l’abate disse: “Noi rispettiamo anche colui che voi riconoscete come il Figlio del Dio Uno. Lo spirito di Buddha era davvero incarnato nella sacra persona di Issa che, senza aiuto del fuoco o della spada, disseminò nel mondo la conoscenza della nostra grande e vera religione. Issa è un grande profeta, uno dei primi dopo 22 Buddha. Le sue azioni e i suoi scritti sono annotati nei nostri libri.”
Quando Notovich chiese di vederli, rispose che gli originali erano a Lhasa, in Tibet, ma i più grandi monasteri ne avevano delle copie. Purtroppo la sua gompa era piccola perciò lui non l’aveva. Incuriosito dal colloquio, Notovich si mise alla ricerca dei manoscritti, e da Mulbeck va a Leh, poi prosegue fino al monastero di Hemis che era uno dei maggiori monasteri del Laddakh.
Durante un’escursione a cavallo, si fratturò una gamba perciò fu ospitato nel monastero di Hemis, dove fu curato e trattato con cortesia. Il soggiorno prolungato gli permise di vedere i testi sulla vita del Buddha Issa che predicò la sacra dottrina in India e tra i figli di Israele. L’abate gli mostrò due grandi volumi rilegati tradotti in tibetano sulla base degli originali in pali. I monaci gli tradussero le parti che Notovich annotò con cura notando che: “I vari manoscritti che mi venivano letti dal lama buddista del monastero di Hemis […] possono essere stati, in realtà, l’opera di san Tommaso, così come gli abbozzi di scene storiche possono essere tracciati dalla sua mano o sotto la sua indicazione.”
Quando Notovich torna in occidente fa leggere il libro ricavato dalle note, ma tutti gli consigliano di non pubblicarlo per non avere noie. Nel 1890 Notovich pubblica il libro in Francia con il titolo “La vie inconnue de Saint Issa.” All'edizione francese seguirono altre edizioni in varie lingue, ma lo scalpore delle sue rivelazioni causano un rovente dibattito tra gli studiosi cristiani. Molti dicono che la vita in India di Gesù è solo un imbroglio. In realtà, Notovich non era stato il primo testimone dei codici sulla vita sconosciuta di Gesù.
Prima di lui, nel 1812, c'è la testimonianza di Meer Izzut-ooolah era stato in Ladakh e aveva trascritto appunti pubblicati in persiano. Meer Izzut-ooolah faceva parte della Compagnia delle Indie Orientali e governava su mandato del parlamento britannico. Viaggiava perché era incaricato di raccogliere informazioni sulle forze militari del regno di Bokhara.
Le sue note dicono che c’erano delle raffigurazioni di Gesù Cristo nei monasteri tibetani, e che i lama dicevano che alcune parti della Bibbia erano state rivelate ai tibetani. Nel 1922 il monaco indù, Swami Abhedananda, un discepolo del grande maestro del Vedanta, Swami Ramakrishna, era stato a Hemis e aveva letto i testi sul santo Issa. Aveva visto il manoscritto originale custodito a Lhasa, in Tibet, e afferma che era scritto in lingua pali. Con l’aiuto di un lama anziano aveva tradotto delle parti del testo annotandole in bengali.
Un’altra conferma sugli scritti è quella del 1925 di Nicholas Roerich che viaggiò nel Laddakh e nel Kashmir raccogliendo notizie e leggende su Gesù Cristo. Ne “Il cuore dell’Asia” dice che i lama di Hemis gli confidarono che erano costretti a nasconderli nei posti più segreti, perché molti testi erano stati rubati o distrutti. Sappiamo che, già dal 1890, la chiesa missionaria in India aveva incaricato alcuni missionari di trovare e distruggere i vangeli tibetani. Da allora molti cercavano, compravano, confiscavano o rubavano i manoscritti su Issa. Ma cosa contenevano di tanto sconvolgente quegli scritti?
Il resoconto di Roerich dice che a 13 anni Gesù era partito per l’India: il sutra intitolato Natha Namavali dice che Gesù chiamato Isha Natha era giunto in India a 14 anni. Il Vangelo degli Ebrei dice che Gesù aveva viaggiato attraverso la Siria e la Caldea (Mesopotamia) ed era giunto in India con una carovana di mercanti. A quei tempi c’era una via commerciale tra Gerusalemme e il Sindh che passava da Damasco e da Kharax che è all’incrocio tra il Tigri e l’Eufrate passando da Nisibis e Babilonia. La carovana di Gesù seguì quel percorso.
C'erano anche altre vie commerciali che collegavano tutta la zona usate anche per le migrazioni dai Greci di Alessandro Magno, dagli israeliti, dai Kassiti, dagli Ariani, dai Sumeri, dagli Assiri e da tanti altri popoli. La civiltà indù era antica e ricca di cultura e anche le vie che andavano dall’Egitto all’India erano molto trafficate. La prima destinazione di Gesù fu il Sindh, poi attraversò il Punjab e il Rajputana e arrivò nell’Orissa.
Negli appunti di Notovich si fa menzione che entrò in contatto con i seguaci dello Jainismo che predicano la vita pura, la non violenza, la nobiltà dell’azione e di pensiero, la gentilezza nei confronti di tutti gli esseri viventi e una dieta vegetariana. I maestri iainisti gli chiesero di fermarsi da loro, ma Gesù volle proseguire per l’Orissa. Le fonti dicono che restò 6 anni nel tempio di Jagannath a Puri, in Orissa, ma in quel periodo visitò anche Varanasi (Benares) e altre città sante.
Varanasi è la città sacra degli indù e qui Gesù fu iniziato alla lettura dei Veda. Il suo primo sermone pubblico avvenne a Varanasi dove la gente affluiva per pregare, bagnarsi nel Gange e meditare. Nel sermone parlò delle dottrine del Padre unico, solo Giudice e spirito Eterno e che è l’unica e indivisibile anima dell’universo davanti alle genti più umili.
I bramini si sdegnarono perché predicava alla gente di casta inferiore, ma Gesù restò disgustato dalle loro parole e lasciò Jagannah per andare nel luogo in cui era nato il Buddha Sakyamuni. Arrivò a Kapilavastu, in Nepal, e fu ricevuto dai buddisti. Visse con loro assistendo ai riti, alle preghiere e alle meditazioni fino ad afferrare completamente tutte le dottrine del Buddha.
Conseguì la padronanza dei Sutra, del Vinaya, dell’Abhidharma e cominciò a fare sermoni come un grande Maestro. I monaci lo riconobbero come maestro di grande levatura o Arhat, e lo videro come un Boddhisattva. Gesù restò per 6 anni tra i buddisti poi volle partire anche se i monaci gli chiesero di restare. Lasciato il Nepal tornò verso occidente predicando tra le genti, ma quando gli chiedevano di fare dei miracoli rispondeva che tutto l’universo creato è un miracolo.
Il miracolo accade ogni giorno anche se non lo vediamo, perciò la cecità ci priva di una delle gioie maggiori. Consigliò di percepire Dio nel cuore e non con gli occhi, e invitò a cercare la suprema beatitudine per mezzo della purificazione dell’anima. Lungo il viaggio di ritorno passò per il Punjab viaggiando con una carovana facendo miracoli e guarigioni tra coloro che incontrava. Quando i mercanti seppero che andava in Persia gli donarono un cammello bactriano.
In Persia, i sacerdoti zoroastriani ne ebbero paura e proibirono alla gente di ascoltare i suoi sermoni. Ma tutti lo accolsero con gioia e andavano ad ascoltarlo. E, verso l’anno 22 d. C., quando aveva circa 29 anni ritornò in Israele dopo essere stato lontano dalla sua patria per quasi 19 anni. Ma non senza aver soggiornato dai fratelli esseni abitanti in Egitto per informarli degli insegnamenti ricevuti in Oriente.
Buona erranza
Sharatan
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