"Come si forma, in sostanza, la percezione?
Si pensa che nasca perchè gli oggetti sono fuori ...
in realtà... il nostro organismo è un apparecchio
rispecchiante che ci riflette le cose incontro."
(Rudolf Steiner, Leggere occulto e ascoltare occulto)
Nel 1992 un gruppo di ricercatori dell'Università di Parma propose una ricerca alla rivista "Nature" che si rifiutò di pubblicarla perché lo studio era "privo d'interesse generale". Quei ricercatori affermavano di avere osservato dei neuroni particolari nel cervello dei macachi. Quei neuroni reagivano con scariche elettriche tipiche dell'attività motoria quando gli animali vedevano compiere delle azioni da altri soggetti. L’anomalia era stata osservata da Luciano Fatiga, Vittorio Gallese, Leonardo Fogassi che lavoravano sotto la supervisione del prof. Giacomo Rizzolatti che oggi è un gigante nel suo campo.
La scoperta era avvenuta durante una pausa di lavoro. Fatiga era un ricercatore geniale che aveva molta pratica con i nuovi macchinari, i computers e le nuove tecnologie e per la sua competenza era prezioso per il team. L’equipe di Rizzolatti aveva già scoperto i neuroni motori "canonici" che codificano i movimenti in base allo scopo. Si lavorava in questa direzione coinvolgendo dei macachi che venivano osservati durante l’esecuzione di operazioni semplici come afferrare una mela.
Durante una pausa di lavoro Fatiga, che monitorava l'animale, notò che lo strumento registrava che il cervello del macaco "sparava" una carica elettrica vedendo che un ricercatore prendeva una mela per mangiarsela. Il cervello dell'animale reagiva come se stesse compiendo lui stesso l'azione che vedeva fare dal ricercatore. Come si spiegava la stranezza? Il professor Rizzolatti è stato un pioniere nello studio delle funzioni motorie su cui lavora fin dal 1965 perciò studiò lo strano fenomeno, e nel 1992 arrivò alla scoperta rivoluzionaria. Il primo lavoro sui neuroni specchio fu pubblicato nel 1992 su "Experimental Brain Research."
La scoperta di Rizzolati e collaboratori, secondo lo scienziato Vylianur Ramachandran, è stato per la psicologia una rivoluzione copernicana come lo è stata la scoperta del DNA per la biologia. Ma qual'è la vera portata della scoperta dei neuroni specchio? Negli anni '80 gli americani studiavano il sistema motorio con la misurazione della velocità dei movimenti e con il conteggio dei muscoli che vengono attivati nel movimento. Ma il professor Rizzolatti è di opinione diversa, perciò usa l'approccio etologico e osserva gli animali in situazioni di vita normale. L'impostazione precedente era quella che ipotizzava l'esistenza di funzioni di "basso" e di "alto" profilo neurobiologico e cerebrale.
La scoperta dei neuroni specchio sconfessa completamente questa teoria e la scoperta diventa una vera bomba quando si osserva che i neuroni specchio si trovano anche nel cervello umano. Rizzolatti ed i suoi collaboratori hanno scoperto che i neuroni specchio sono dei neuroni motori che si attivano quando l'animale vede compiere delle azioni da altri soggetti. I comportamenti sembrano rispecchiarsi nel cervello di chi agisce e di chi vede agire. Si registrano anche nell'essere umano e soprattutto nella "zona di Boca" che è la zona deputata al linguaggio.
Secondo Rizzolatti, la loro funzione fondamentale è quella di consentirci di comprendere e di farci intuire lo scopo delle azioni degli altri. La conclusione fu che tutte le funzioni cognitive superiori come il linguaggio derivano dalle funzioni motorie dei primati e si sono sviluppate a partire dal sistema motorio delle scimmie. Così si sconfessò anche la teoria che, durante la crescita evolutiva, avvenga la comparsa di nuove aree deputate al pensiero astratto che ci prepara all'acquisizione del linguaggio.
Nel corso dell'evoluzione umana, i neuroni specchio ci hanno permesso di imparare per imitazione, di comunicare e di parlare mentre gli animali si devono limitare a emettere versi, stridii, urla oppure ringhiano. Dai vocalizzi degli animali deriva il linguaggio umano, infatti vediamo che la gestualità diventa il linguaggio corporeo che si esprime con la pantomima. Vediamo che le prime vocalizzazioni del lattante sono l'espressione di un proto linguaggio che, in seguito, diverrà il linguaggio della lingua madre.
Nell'evoluzione del singolo uomo vediamo il ripetersi di vari tipi di comunicazione che si svilupparono prima come linguaggio gestuale e poi come linguaggio orale. Secondo il prof. Rizzolatti una disfunzione dei neuroni specchio può influire sull'autismo in cui si soffre per l'incapacità di capire le azioni degli altri e non si riesce a comunicare con gli altri. Il loro ruolo fondamentale è quello di promuovere l'atteggiamento empatico.
Ancora una volta la scienza si affianca alla filosofia e alla fenomenologia nell'affermare che "l'essere con" equivale all'avere uno scambio armonioso con il mondo. E questa è la condizione indispensabile per l'equilibrato sviluppo degli esseri umani: l'empatia è la capacità di rispecchiare gli altri. Nella crescita successiva sarà necessario fare la differenziazione, perchè dalla nostra capacità di distinguerci dagli altri dipende la creazione dell'identità dei soggetti che si confrontano.
Già dagli anni ’70, lo psicanalista John Bowlby aveva usato le tecniche degli etologi per osservare i bambini deprivati. Bowlby aveva dimostrato che l’empatia è l’antidoto all’aggressività e che l’aggressività è il malfunzionamento dell’empatia. L’altruismo non è dovuto a calcoli di meschina convenienza ma è dovuto alla capacità di provare un coinvolgimento con il mondo affettivo degli altri. Si è provato che i delfini, gli elefanti, i canidi e i primati superiori sanno rispondere empaticamente alla sofferenza che vedono negli altri.
Questi animali mostrano atteggiamenti di dolore per risonanza con la sofferenza dell'animale del branco con cui hanno un legame affettivo. L’attaccamento che si crea tra gli esseri viventi è sempre un legame biologico, e in seguito diventa un’impronta della memoria biologica. Questo consente di sentire che il soggetto che ci coinvolge sia la figura significativa. Da quel momento la sofferenza della nostra figura significativa susciterà in noi lo stesso dolore: questa è la prova della confluenza empatica di due mondi emozionali.
Nell’animale si parla di empatia cognitiva perché avviene un’attività mentale che è costruita con delle immagini visive e sonore. Se una mamma gorilla vede il figlio che soffre perché viene preso al laccio, anch'essa si agita e soffre perché vede che il figlio si agita e soffre. Nell’empatia, il mondo interno del soggetto viene sconvolto e disorganizzato quando anche il mondo dell’altro subisce la stessa sorte. Alla base della convivenza degli animali c’è questa tendenza a sentire empaticamente gli altri.
Il fenomeno è presente in molte specie animali che mostrano una tendenza naturale a volere il benessere comune. Vediamo che gli animali soffrono e restano inebetiti per la morte di chi amano, infatti gli scimpanzé davanti alla morte di un compagno prima strillano, poi muovono il suo corpo per rianimarlo. Infine restano annichiliti dall'intensità del loro dolore, infatti c'è un rallentamento motorio, la perdita dell'appetito e della voglia di giocare: gli animali restano immobili, fissi e tramortiti dalla sofferenza.
Chiaramente questo non avviene in tutti gli animali e, anche nelle specie in cui è presente, non è sempre attivo in tutti gli individui. In molte specie animali osserviamo fenomeni di cannibalismo e atti di mobbing contro animali più deboli. Sappiamo che le gatte mangiano i gattini che percepiscono come una preda. L’empatia animale è sempre basata sullo psichismo che sa dare una motivazione in base ai movimenti che si vedono attuare. Esso percepisce la postura fisica del soggetto e quella percezione lo predispone ad attribuire un certo stato mentale all’altro.
Avere la capacità empatica implica avere un cervello che sa prescindere dal contesto in cui l’informazione è evidente per ottenere la comprensione del senso implicito nelle cose. L’empatia animale viene predisposta dai comportamenti degli altri, e dimostra che l’animale ha imparato a usare le esperienze passate per guardare il futuro. L'atteggiamento lo osserviamo anche nel gatto che ci aspetta davanti al frigo perchè sa quel posto contiene tante cose buone da mangiare.
Negli scimpanzé c’è la reazione empatica più raffinata. Lo scimpanzé riesce a mettersi nei panni di chi vede soffrire, perché lui comprende il motivo di quel dolore. Anche la caccia non è altro che l'impiego distorto dell’empatia che è deviata in atto malsano per intuire le mosse dell’animale che viene predato. Negli uomini vediamo un'empatia emotiva attiva fin dall'inizio della vita, infatti il movimento o la minima reazione dell’altro ci fanno capire il suo stato mentale. Si risponde sempre in base a quello che si riceve perciò, già dallo stato fetale, riceviamo le informazioni che ci aiuteranno a costruire una idea del mondo. E se una rotella dell'ingranaggio s'inceppa e non funziona, tutto il sistema resta perturbato.
L’empatia non è solo un’azione mentale perché la capacità empatica determina lo stile che avremo nelle nostre future relazioni. Si è osservato che, i bambini cresciuti in ambienti ostili e molto deprivati affettivamente, non sanno sentire in modo empatico gli altri uomini, perciò essi non sanno rispondere con compassione. La scienza ha scoperto che la risonanza empatica è la caratteristica che spiega l’imitazione per contagio che è visibile sia negli animali che negli uomini. È per questo che un branco lavora all’unisono, e quando un uccello vede arrivare un nemico si mette in atteggiamento di volo. Quando lo stormo lo vede, lo imita e riesce a fuggire.
Gli animali gregari usano questa strategia per limitare i danni, infatti il branco si sincronizza e mangia, beve e dorme assieme per difendersi meglio. Negli uomini quella sincronizzazione avviene con l'imitazione dell’espressione facciale. I neonati imitano le azioni degli adulti, perché “l’essere con” che è proclamato dai fenomenologi ci viene attaccato addosso fin da subito. Nell'essere uniti insieme, e nel vedere quello che proviene dal mondo nasce la capacità di riuscire a vivere e condividere il medesimo mondo.
Il cervello è stato strutturato per rispecchiare l'esterno, e la scienza ha dimostrato come accade. La scienza dimostra che, se sappiamo distaccarci dal nostro mondo personale possiamo abbracciare il mondo dell’altro e possiamo costruire una mente che comunica. L'opportunità non è offerta ai bambini che crescono soli e senza l'affetto a cui hanno diritto. Non avendo ricevuto i rudimenti del linguaggio empatico, essi non riescono a esprimersi e non provano nessuna compassione dei loro simili.
Buona erranza
Sharatan
2 commenti:
Sapete che la passione allunga la vita? L'ultimo numero di Focus spiega che se il cervello si infiamma, ci regala un'ora di gioia in più al giorno, e ci allunga la vita. Le passioni possono essere il propulsore di una vita più lunga e felice...
Ciao Bla78 :-)
La passione non è altro che amore rivolto ad una persona, una ideologia, un lavoro, un hobby, etc...
L'amore è il sentimento massimamente positivo e come tutto quello che possiede il segno + (positivo) aumenta la qualità e la durata della vita. Senza dubbio :-)
Un caro abbraccio
Posta un commento