lunedì 18 maggio 2009

Arresta il sistema!

Centrati in un ruolo o inseriti in un particolare contesto, può avvenire che una situazione ci spinga a divenire malvagi, e che qualcuno esterno a noi ci possa manipolare, convincendoci che siamo i servitori di una buona causa e che siamo i soldati di una santa crociata: noi siamo il Bene Assoluto che deve assolutamente garantire il rispetto delle regole.

Qualcuno arriva con dei concetti corroboranti e vigorosi: “Noi ci rendiamo conto che ciò che ci attendiamo da voi è “sovrumano”, di essere sovrumanamente inumani. ” Vengono e ci ripetono queste intriganti parole alate, Geflugelte Worte, quelle stesse parole che Himmler ripeteva alle SS per spingerle a sterminare milioni di persone inermi: eccolo il Male assoluto che si maschera da Bene assoluto per poter legittimare se stesso!

Oggi sappiamo che le situazioni sono in grado di esercitare una forte pressione sulla volontà personale, perché persone e situazioni sono in interazione dinamica, per cui sarebbe un grosso errore sottovalutare la forza dei sistemi socio-culturali in cui viviamo. Molto spesso riteniamo di essere sufficientemente forti ed impermeabili alle influenze esterne e di avere una personalità stabile e decisa, ma ciò non è affatto vero, e noi dovremmo essere più umili ed onesti nell’ammettere le nostre debolezze.

Molte persone si sono lasciate trascinare in comportamenti di aberrante crudeltà, perché sono state convinte da altre “parole alate” che le hanno affascinate e gli hanno offerto sicurezza, per questo appare vantaggioso non negare di poter essere condizionabili e vittime di un sistema: perciò l’analisi dei sistemi di potere diventa essenziale se vogliamo arrestare il sistema condizionante, o se vogliamo renderlo meno insidioso.

I sistemi di potere creano degli schemi comportamentali complessi, in grado di forzare le disposizioni individuali e le situazioni, e ci riescono soprattutto quando essi prendono forza dalle ideologie. Le strutture di potere fortemente ideologizzate, promettono delle soluzioni facili ai problemi, sono strutture che manipolano le simbologie sociali comuni e le deformano per i loro fini, tramite il condizionamento delle emozioni umane, e con la proposta di soluzioni rassicuranti, efficaci e definitive: per questo dobbiamo sempre diffidare delle soluzioni totali.

Solitamente sono gli stessi guardiani dei sistemi che cercano di isolare i comportamenti devianti, perché così riescono a distogliere l’attenzione e la responsabilità da coloro che stanno ai vertici, e che sono i veri responsabili delle situazioni. E’ in forza di ciò che l’analisi dei sistemi deve iniziare dalla struttura apicale e da coloro che possono imporre le regole del gioco, cioè dalle élite di potere.

Il sociologo C. Wright Mills nel suo libro “Le élite del potere”, così le descrive: “L’élite di potere è composta di uomini che si trovano in posizioni tali da potere trascendere l’ambiente dell’uomo comune; le loro decisioni hanno conseguenze più vaste. […] Stanno a capo delle alte gerarchie e delle organizzazioni della società moderna; dirigono i grandi gruppi economici; muovono la macchina dello stato e ne rivendicano le prerogative; comandano le forze militari. Insomma occupano quelle posizioni stategiche della struttura sociale in cui sono attualmente accentrati gli strumenti del potere, la ricchezza, la celebrità.”

I sistemi di potere creano delle gerarchie di dominio, in cui l’influenza e la comunicazione viaggiano dall’alto verso il basso e quasi mai al contrario. Quando una élite di potere vuole distruggere una nazione nemica, si rivolge a degli esperti della propaganda per creare un programma di odio.

Tutto ciò è funzionale affinchè i cittadini di una nazione possano coltivare un’ostilità tale da spingerli a perseguitare, segregare, torturare e uccidere. E per fare tutto questo è indispensabile che sorga una “immaginazione ostile”, una costruzione psicologica che veda l’altro trasformato in Nemico; così l’immaginazione diventa il fucile con cui si arma la mente delle persone, usando l’odio e la paura come munizioni. Tutto viene creato con le parole e con le immagini, che hanno lo scopo di costruire la minaccia insidiosa.

Noi crediamo, combattiamo e viviamo anche in funzione di parole piene di virtù, nelle quali abbiamo radicato delle idee fortemente sentite e partecipate, ma anche queste parole virtuose possono diventare degli “specchi per le allodole” in forza della loro affascinante forza e luminosità.
Il valore attribuito a tali concetti diventa talmente forte, che siamo indotti a supporre che coloro che ci parlano usino tali termini nel senso che noi gli diamo, e che tutti credano come noi all'importanza di quei concetti.
Ciò abbassa la nostra guardia e ci rende molto meno sospettosi di quanto dovremmo, cosicchè delle parole piene di virtù ci vengono infuse in associazione con valori nuovi, che arriviamo ad approvare ed accettare pienamente, senza averne esaminato il valore, ma basandosi solo sulla loro evidenza: così le parole alate vengono usate per non farci ragionare in modo logico e critico.

Iniziano così le creazioni di idee stereotipate e di percezioni deumanizzate dell’altro, ovvero dell’altro come privo di valore, dell’altro come onnipotente, dell’altro come demoniaco, dell’altro come mostro astratto, dell’altro come minaccia dei nostri valori e delle nostre usanze più care.
Quando si è creata la paura pubblica e la minaccia incombente, anche le persone più ragionevoli possono diventare conformiste, possono comportarsi irrazionalmente e diventare pericolosamente aggressive.

Tramite la paura e l’odio si creano delle ottuse e perfette macchine da guerra, perché le immagini drammatiche o minacciose del nemico si stampano nel sistema limbico, che governa questi sentimenti e che costituisce il nostro cervello primordiale: questa è l’immaginazione negativa che è creata dalla propaganda nazionalistica, soprattutto quando si vuole preparare la guerra e si deve costruire una psiche colma di desiderio di distruzione.

L’elemento centrale della propaganda è costituito dalla disumanizzazione del nemico, che è la migliore leva per scardinare la moralità personale e per giustificare il disimpegno morale davanti ai comportamenti inaccettabili.
La forza delle etichette e degli stereotipi negativi che vengono instillati, ha un forte impatto sui nostri comportamenti, e questo spiega come le stesse persone possano essere crudeli o compassionevoli, a seconda dei contesti e degli interlocutori.

In particolari contesti siamo in grado di convincerci che coloro su cui si stiamo infierendo non siano esseri come noi, ma sono dei mostri, delle bestie, dei barbari o dei subumani. E’ in quei contesti che possiamo essere trasformati negativamente, soprattutto quando siamo inseriti in sistemi totalitari dotati di una carismatica ideologia e di potenti identificazioni di ruolo.
Diventa perciò vitale rammentare che diveniamo più forti a simili contagi nocivi, se sappiamo riconoscere la loro capacità di contagiarci.

Le situazioni hanno maggiore potere condizionante soprattutto qualora ci vengano proposte delle situazioni nuove, e quando subiamo la minaccia di un elemento sconosciuto e di un contesto inaspettato, in cui non possiamo fare riferimento a dei comportamenti precedenti e a delle regole già conosciute. Su questo terreno insicuro su cui il passo è incerto, è facile entrare in confusione, ed è facile che dei modelli insoliti o estremi, possano venire accettati dalle masse sfruttando il fattore della novità e dello smarrimento individuale.

Siccome le regole sociali sono delle forme di controllo dei comportamenti individuali, è su di esse che vengono costruiti i comportamenti etici ed i sistemi premianti. E’ così che le regole assumono una vita propria e la forza di autorità primaria, perciò siamo facilmente convinti a fare la nostra parte e persuasi ad assumere un determinato ruolo, infatti i ruoli sociali sono necessari per il buon vivere civile.

Il problema nasce quando alcuni ruoli, seppure artificiali, momentanei e occasionali, vengono conservati ad oltranza fino a divenire delle insidiose identificazioni totalizzanti.
E’ la rigidità dei ruoli che ci fa chiudere la mente a quelle che sono le nostre concezioni e convinzioni interiori, perchè essa è una paurosa sclerotipìa che ci fa ragionare in compartimenti separati, e che ci impedisce l’interpretazione e il dialogo con le altrui concezioni.

E’ in questo modo che il potere riesce a forgiare il nostro modo di vedere e di pensare, fino al punto di non farci vedere delle realtà alternative a quelle ci vengono prospettate, e di giustificare ogni nostra irresponsabilità e ogni disimpegno morale. Scrisse Eric Hoffer “E’ proprio quando si coniuga con la paura cronica che il potere diventa spaventoso.”

Buona erranza
Sharatan

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