domenica 22 febbraio 2009

Fermiamo il mondo dell'uomo cronologico


L’uomo occidentale è un essere cronologico, che ha bisogno di categorie per gestire i suoi processi di coscienza, anziché lasciare che essi stessi creino da sé le proprie dimensioni, per questo suo modo di pensare e perché la realtà non si fa manipolare dall’essere umano, come avvertiva saggiamente Lao tse, per l’uomo cronologico la vita è imprevedibile ed imperscrutabile.

Allora il destino bussa alla porta con problemi psicologici, crisi, rotture, trasformazioni, malattie oppure incidenti che hanno lo scopo di sconvolgere tutta la nostra vita per spingerci alla trasformazione della limitata mente cronologica.
Don Juan direbbe che è il momento in cui l’uomo deve fermare il mondo, in cui l’individuo dovrebbe seguire coscientemente queste perturbazioni e smettere di pensare il mondo usando i vecchi canali sensoriali; è il momento in cui dovrebbe saltare in alto e aprirsi a nuove modalità di coscienza.

Naturalmente non è facile cambiare i propri canali percettivi, ed il cambiamento reale avviene quando si riesce a fermare il mondo per il tempo necessario, affinchè gli stessi processi di coscienza creino i nuovi canali percettivi: così si raffinano e si arricchiscono le capacità percettive di partecipare al mondo e si eleva la nostra raffinatezza personale. E quando avviene questo salto della consapevolezza, il mondo così com’era prima non ci appartiene più, non ha più valore e significato, per questo inizia una revisione totale dei nostri valori precedenti. Deponendo l’armatura psichica, veniamo gettati fuori anche dalla nostra vecchia pelle e ci accorgiamo di restare esposti al mondo, vulnerabili e senza pelle.

La perdita dei valori consolidati coincide sempre con periodi di profondo disorientamento, ma anche questo è un passaggio necessario e, se rifiutiamo i cambiamenti dei canali percettivi, se restiamo sordi alla metamorfosi del nostro essere, se la nostra diviene una resistenza fino all’ultimo sangue, se non impariamo a vedere come relativa la nostra capacità di controllare gli eventi, rischiamo di farci uccidere da un salto che avviene nel vuoto e non in alto, perciò va accettata la possibilità di fermare momentaneamente il nostro mondo. Durante la pausa troviamo il tempo per imparare a capire il processo degli eventi ed impariamo ad abbandonare tutte le idee preconcette su come dovrebbero essere gli uomini e il mondo: sono dei paraocchi che ci limitano nell’analisi, che ci rendono unilaterali.

E’ poi facile che,in periodi di forti revisioni personali,sopraggiungano delle false guide sia esterne che interne, che sembrano offrirci indicazioni e soluzioni, ma che in realtà riescono solo ad aumentare la nostra confusione. Una delle trappole maggiori, secondo Yogananda, è permettere che l’ego, con i suoi desideri e le sue antipatie, soffochi la nostra vera voce interiore e che ci spinga verso strade senza uscita. L’uomo s'identifica con le sue caratteristiche somatiche, mentali, emotive e sociali e perde così ogni consapevolezza della grandezza del suo vero essere, avverte Yogananda, così perde l’accesso alla sua Supercoscienza e si preclude ad altre dimensioni più vaste e si chiude nella limitatezza della coscienza egoica, che percepisce solo il corpo e la personalità individuale.
L’induismo afferma che ci sono 4 livelli di coscienza, che intervengono nell’interagire con il mondo e la realtà:

• Mon -> la mente
• Buddhi -> l’intelletto
• Ahankara -> la coscienza dell’ego
• Chitta -> il sentimento del cuore (simpatie ed antipatie)

La mente riflette alla coscienza tutto ciò che sperimenta tramite i sensi, mentre l’intelletto divide e definisce. L’intelletto così crea le sue categorie e vi organizza la realtà. Ma il processo analitico dell’intelletto, separa la realtà ed il mondo in frammenti in cui perdiamo l’integrità del Tutto. Quando poi interviene l’ahankara o ego, allora il mondo viene ulteriormente suddiviso in “cosa è mio” e “cosa non è mio” facendo un’ulteriore distorsione del reale, ma senza averci ancora intrappolato nell’illusione.
La trappola scatta nell’intervenire delle reazioni emotive, conservate nel chitta, i sentimenti del cuore, il quale aumenta ancor più il nostro senso del possesso, rafforzandolo e unendo i sentimenti alla volontà di controllo. Così l’intervento di un concetto deviante di amore riesce a creare le nostre categorie di felicità/infelicità, e riesce a collegarle a tutto ciò che possiamo pienamente controllare e dirigere. Così diventiamo prigionieri delll’illusione o Velo di Maya. Se sappiamo riflettere su tali meccanismi, ne potremo sgominare il meccanismo perverso:

• La mente -> riflette
• L’intelletto -> seziona
• L’ego -> crea le identificazioni personali
• Le emozioni -> creano i sentimenti e gli attaccamenti personali

E’ tutto questo meccanismo che distorce il nostro giudizio imparziale e che riesce, non solo ad agire sui nostri comportamenti consci, ma anche ad infuenzare i nostri contenuti inconsci, creando quei tormenti inquieti che causano molte infelicità. Per questa nostra fragilità, potremmo cadere prede di false voci interiori, di false guide, soprattutto quando siamo in emergenza spirituale o quando siamo coinvolti in situazioni in cui entrano in gioco profondi sentimenti personali.
Ricordiamoci che è assai difficile restare lucidi, se siamo coinvolti con forti sentimenti di odio o d’amore nelle situazioni, perché il desiderio fa sempre interferenza con la nostra razionalità. Dobbiamo invece pensare che quando siamo travagliati dai nostri sentimenti, allora potremmo seguire una guida interna sbagliata, potremmo fare mosse azzardate o sbagliate.

Esercitiamoci sempre a ritrovare in noi la calma e la tranquillità più assoluta, rifuggiamo dai rumori e dalle confusioni della pazza folla, chiediamo alla nostra mente interiore di mantenersi calma, concentrata e piena di energia perché una mente attiva è un’arma formidabile, mentre una mente passiva è troppo ricettiva alle influenze vibrazionali subconscie e troppo schiava delle opinioni correnti della massa.
Se non restiamo ben vigili e saldi, rischiamo anche di cadere in balia di ossessioni patologiche e di monomanie personali, potremmo sviluppare solo attitudini umorali, che sono ondate irrazionali sempre negative, perché ci scuotono come una foglia in preda al vento. Diventiamo solo dei poveri esseri confusi e indifesi, smarriti nella tempesta chimica del veicolo corporeo, per cui andiamo solo dove ci porta il cuore, senza rammentarci che ci siamo asserviti in balia di una guida cieca.

Facendo ricerca spirituale facilmente si cade vittima della Sindrome del Messia, per cui tendiamo a sentirci messaggeri di una serie di messaggi o comportamenti divini, per cui diventiamo degli illuminati con lo sguardo della talpa. Diffidiamo del messianesimo nostro e altrui, diffidiamo dei falsi profeti e di tutti quelli che si proclamano illuminati dalla Luce Divina. Facciamo attenzione a conservare sempre una buona dose di ironia e non diventiamo mai schiavi di un guru umano, concedendoci però delle simpatie per le altrui forme di pensiero, soprattutto se di qualità elevata.

L’iniziazione non esiste, se non quella che ci giunge dalla vita quando ci spinge, con un colpo di frusta, ad affrontare lo specchio di noi stessi: perciò l’elevazione parte solo da noi e viene sospinta dalla nostra vera e unica guida interiore, moderata dalla voce suadente di Brahman. I maestri e le concezioni spirituali, ci offrono una serie di metodi per aiutarci a capire e crescere, ma poi bisogna imparare a diventare autonomo da ogni guru spirituale, anche se di qualità eccelsa. Essere dipendenti indebolisce la volontà ed esaurisce il flusso di energia che giunge dalla Supercoscienza. Solo elevando la nostra coscienza, con lo sforzo dell’energia dinamica, raggiungiamo quello stato di consapevolezza espansa, in cui possiamo incontrare il nostro vero guru interno.

Dobbiamo pensare in modo più coesivo e meno analitico, dobbiamo concentrarci e cercare le relazioni tra le cose e identificare dei punti di armonia. Dobbiamo pensare agli altri come tanti altri Sé e non come degli estranei, valutare che potrebbero essere degli amici sconosciuti, credere che siamo tutti parte di una realtà più vasta e che anche gli altri sono una parte della nostra natura più elevata.
Buona erranza
Sharatan

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