mercoledì 3 febbraio 2010

Una strategia non ortodossa


“Coloro che comprendono il Tao
non sono in rapporto solo con se stessi;
essi si connettono anche al mondo”
(Zhuanzgi)



La coltivazione dell’Arte della guerra è un retaggio storico molto importante nella cultura militare cinese, e viene codificata in molti testi tra cui i “Sette classici militari” e i “Metodi militari” di Sun Bin. Vi è poi un’opera che viene considerata a sé stante, e che si chiamava originariamente “Baizhan qifa” risalente al 15. Sec., e che fu concepita come testo di studio per gli aspiranti ai più alti gradi dell’esercito della Cina confuciana.

In essa si spiegano, in 100 principi strategici fondamentali, i migliori esempi di esperienze tattiche apprese in 2.000 anni sui campi militari. Suddivisa in 100 capitoletti, in ognuno viene illustrato il principio strategico basilare e poi viene narrata la descrizione di una battaglia realmente avvenuta nella storia cinese.

In questa opera si può meglio capire il vero significato di termini molto usati nella terminologia militare cinese, e che altrove appaiono molto più enigmatici, perciò essa è basilare per imparare i concetti e il vocabolario essenziale della marzialità cinese.

La scienza militare cinese era basata su principi fondamentali portanti che sono ancora oggi usati da corpi militari moderni, come quello dei Marine Corps americani, ed altri suoi concetti sono usati anche in ambiti in cui il conflitto bellico appare in maniera molto più velata, ma che non per questo, si manifesta in maniera meno cruenta. Un esempio dell’uso moderno delle strategie militari cinesi è offerto dal trattato “L’Arte della guerra” di Sunzi che è molto studiato negli ambienti di formazione alla gestione manageriale moderna.

La storia cinese vede ben 5.000 anni di guerre, di sollevazioni popolari e di conflitti militari diversi per cui si potrebbe dire, senza esagerare, che almeno una guerra all’anno venisse combattuta nel Celeste Impero, soprattutto quando lo stato centrale si indebolì e dilagarono orde di forze barbariche venute a rompere i confini dell'ordine costituito per depredare ricchezze o per imporre il loro dominio.

Vi furono delle popolazioni nomadi che calarono dalle steppe del nord per razziare, e che erano periodicamente fermate dalla truppe delle potenti armate dinastiche cinesi. Dopo la caduta della dinastia Han, l’impero cinese ebbe un grande indebolimento causato dalla crisi delle stato centrale, perciò varie etnie straniere imposero il governo e, in qualche caso, come per le genti Mongole e Mancesi, riuscirono persino a dominare tutto l'impero per lunghi periodi.

La guerra era divenuta la principale attività del paese, e le tecnologie militari necessitavano di una veloce evoluzione stimolata da questo stato di cose, le battaglie mutarono la loro forma passando dallo scontro di poche centinaia di nobili montati su carri di legno, fino agli scontri campali di potenti eserciti con centinaia di migliaia di fanti, impegnati in lunghe ed estenuanti campagne militari che li impegnavano per grandi periodi di tempo.

Un’arte così essenziale per la conservazione della vita dell’Impero doveva essere assai accuratamente coltivata, perciò fu perseguita meticolosamente, così come è tipico della mentalità cinese classica, con tanto di sviluppo di logistica, di tattica e di tecniche di comando adeguate al corso delle cose e all'evoluzione della saggezza umana sul significato del loro fluire.

Contemporaneamente, divenne perciò necessario che venissero formati degli efficienti ranghi militari appositamente creati per fare fronte a delle situazioni di sempre crescente complessità bellica. La guerra divenne così un Tao ovvero una Via di Conoscenza perciò divenne anche una Via di scienza, che includeva l’analisi degli schieramenti sul campo di battaglia, delle tecniche di comando e di controllo, dell’arte di prendere le decisioni a livello tattico, insieme a vari altri aspetti delle attività militari.

L’opera di cui si ragiona, il “Baizhan qifa” è conosciuto come “Le cento strategie non ortodosse” e rientra a pieno in questa tradizione, ma è anche un summa concentrato e sistematico dei precedenti trattati militari cinesi che sono sempre estremamente analitici solo che, in questo caso, abbiamo un’opera ancor più completa poiché gli ammaestramenti tattici vengono illustrati e chiariti dalle più esemplari esperienze dei più grandi generali veterani cinesi realmente vissuti nei tempi storici.

E’ questo particolare che lo trasforma in un’opera completa e rara, e che lo eleva ad un livello di maggiore spessore del solo scrigno di astuzie che possono essere esplorate con grande attenzione e profitto, a fini puramente utilitaristici. Per esemplificarne la struttura scelgo di riportare un esempio di tecnica strategica non ortodossa.

Strategia non ortodossa n. 13 - L’Amore

Discussione tattica - Se nel corso di una battaglia gli ufficiali e le truppe preferiscono avanzare e morire piuttosto che salvarsi la vita ritirandosi, ciò dipende esclusivamente dalla sollecitudine e dalla benevolenza del comandante. Se gli uomini delle Tre Armate si sentono amati come figli, ameranno i superiori come fossero dei padri e si inoltreranno in terreni proibitivi, rischiando la vita senza esitazione per spirito di riconoscenza. Sunzi dice: “Se tratti i tuoi uomini come figli, essi saranno pronti a dare la vita per te.”

L’esemplificazione storica - Si presenta il caso del generale Wu Qi reggente delle regioni a est del Fiume Giallo che era solito vestirsi e mangiare come i suoi soldati semplici. Quando sedeva non usava la stuoia, durante le marce non saliva a cavallo ma marciava a piedi con le sue truppe, impacchettava personalmente il suo pasto e condivideva ogni asprezza con i suoi soldati. Si racconta che lui personalmente cavò il pus dalla piaga infetta di un soldato semplice e così gli salvò la vita. Si narra anche che, quando la madre del soldato lo seppe, scoppiò in un pianto dirotto e disperato.

Allora alcuni gli dissero: “Donna che hai da piangere? Lo stesso generale Wu Qi lo ha medicato cavandogli il pus e ripulendo la ferita. E’ un onore grandissimo.” Allora la donna rispose: “La stessa cosa il generale l’aveva fatto anche con suo padre, mio marito, e poi lui si gettò in guerra senza risparmio trovandovi la morte, per riconoscenza verso il generale Wu Qi. Ecco perché piango, ora mi aspetto che avvenga similmente anche la morte di mio figlio. Ecco il motivo del mio pianto e della mia disperazione.”

Il Commento - I cinesi credevano che i generali dovessero essere un esempio per le loro truppe e dovessero esercitare una leadership molto visibile. Solo così potevano assicurarsi da parte dei loro uomini la fedeltà, ma questa era una strategia utile anche per assicurare al capo la condizione della sensibilità emotiva in cui si trovavano degli uomini che venivano condotti in lunghe ed estenuanti guerre. I cinesi si assicuravano così il doppio vantaggio sia del controllo della pianificazione strategica, ma anche della certezza dell’affidabilità dei loro subalterni.

Il Wei Liaozi, risalente alla fine del periodo degli Stati Combattenti (epoca datata tra il 403 e il 221 a.C.) afferma che il generale deve dare il buon esempio e fare le stesse marce spossanti dei suoi uomini, se fa caldo non usare il parasole, se fa freddo non usare vesti pesanti, sui terreni accidentati scendere da cavallo come tutti gli altri, bere solo dopo che tutte le sue truppe sono dissetate, e mangiare con loro il rancio infine, non riposare, se non dopo avere accuratamente controllato le difese militari.

Un buon generale, deve soffrire con i suoi uomini e deve trovare sollievo assieme a loro. E’ in tale modo che l’esercito non si sentirà mai esausto, anche se dovesse restare a lungo sul campo da battaglia e anche se dovesse combattere una lunga e sanguinaria guerra.

Il generale Wu Qi visse all’inizio degli Stati Combattenti e comandò degli eserciti di poco inferiori ai 100.000 uomini, e seppe veramente distinguersi nelle azioni che gli vengono attribuite, tanto che secoli dopo viene ancora ricordato da Wei Liao, che lo cita come un esemplare capo da emulare. Lui dice che il generale Wu Qi non chiese mai ai suoi soldati di spianare i sentieri tra i campi coltivati, e si accontentò di accamparsi tra delle coperture di frasche per ripararsi dai rigori della notte, assieme alle sue truppe.

Per quale ragione agì così? Perché non si metteva mai al di sopra dei suoi uomini. Se vuoi che i tuoi soldati siano disposti a morire, non esigere da loro alcun superfluo gesto di rispetto, se vuoi che diano fondo alle loro forze, non addossare a loro la responsabilità dei riti.

Nell’antichità, chi indossava elmo e corazza non doveva inchinarsi, dimostrando in tal modo che nulla poteva turbarlo. Tediare ed opprimere il popolo fino all’eccesso, e poi pretendere che vada a morire per te, non si è mai visto in alcun tempo storico, ed è per questo che il buon generale non deve mai cercare di mettersi al sicuro, ma deve sempre far fronte ai pericoli alla testa delle sue truppe.

Buona erranza
Sharatan


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