lunedì 1 dicembre 2008

Alle radici del Sanathana Dharma


L’induismo possiede una caratteristica unica costituita dalla fondamentale tolleranza, basata sul pensiero che i metodi che permettono a ciascuno di realizzarsi in modo totale, sia individualmente che socialmente, sono estremamente variabili e non possono essere codificati dogmaticamente.
La verità è varia perché riflette le infinite iridescenze della realtà materiale, per questo non è mai completamente accessibile all’animo umano: per questo non siamo qualificati per decidere quale debba essere il giusto comportamento per gli altri. Per questo, in nessun momento della storia dell’India vi è stato un invasore o un dominatore che abbia distrutto la civiltà sottomessa, ma si è assistito ad un fenomeno di continuità e di tolleranza reciproca: questo atteggiamento, secondo Alain Daniélou, è il frutto dello shivaismo protostorico che ha permesso alla civiltà locale di sopravvivere.
La scoperta di statuette e sigilli appartenenti alla civiltà della Valle dell’Indo, hanno permesso di identificare la venerazione di un dio maschile, seduto in posizione yogica, e molto simile al dio dell'induismo posteriore Shiva, il culto di dee femminili, di simboli fallici, di forze della natura e di alcuni animali.
Lo shivaismo è la grande religione della Valle dell’Indo, capace di condizionare tutte le più grandi religioni viventi, ed è la più antica religione conosciuta poiché, secondo i Purana, Shiva si manifestò in India nel 6.000 a.C. e insegnò all'uomo la religione, la filosofia, l'arte e la scienza.
Daniélou afferma che il mito egizio di Osiride che giunse dall’Oriente in groppa ad un toro, che è animale veicolo di Shiva, come pure i culti di Dioniso e di Bacco, sono tutti delle ramificazioni dello shivaismo. La stessa Cina si esprime con i simboli di yin e yang, che sono simboli shivaisti, e che costituiscono la pronuncia cinese dei termini yoni e lingam, gli emblemi del principio femminile e maschile.
Furono gli Ariani provenienti dal nord, popoli imparentati con gli Iraniani e con gli Achei, che portarono, tra il 3.000 ed il 2.000 a.C. la religione vedica in India. La religione vedica presenta dei simboli e dei riti analoghi a quelli della Grecia e dell’Italia pre-romana, come pure dei caratteri riscontrabili nell’Iran avestico, ma tutte le pratiche dello shivaismo erano sconosciute ai Veda ariani, per cui i conquistatori dapprima attaccarono il culto del dio, presentandolo come un culto demoniaco ed oscuro ma poi, come per tanti altri aspetti della superiore cultura dravidica, finirono per assimilarlo e integrarlo nella religione vedica, per dare origine a quello che conosciamo come induismo, il Sanathana Dharma, cioè “l'eterno Ordine Cosmico”, la Legge Perenne che regola il ciclo cosmico.
Anche il giainismo, che propugna una dottrina atea e moralista, e che genera una religione pacifica e non violenta, origina da tempi anteriori alle invasioni ariane ed influenza fortemente il buddismo, come pure la filosofia della Grecia classica ed i movimenti fideistici del Medio Oriente, tra cui il cristianesimo. Per questo il pensiero religioso indiano non ci appare assolutamente estraneo o esotico, facendo del tutto parte di un mondo religioso indo-mediterraneo in età protostorica, a cui appartenevamo, ma di cui abbiamo perso il ricordo.
Nel pensiero religioso indiano è stata conservata la storia di una ricerca cosmologica, religiosa, mistica e filosofica, di cui noi abbiamo perso il ricordo a causa del fanatismo religioso, del settarismo, della mentalità religiosa aggressiva e colonialista, che hanno inquinato il buddismo, il cristianesimo e l’islam, in cui si persegue la fede cieca ed ingenua ed il proselitismo. Tali sentimenti hanno usurpato il posto alla ricerca della conoscenza e al rispetto per le vie della volontà divina che, prima dell’avvento delle religioni semplicistiche e fideistiche, consideravano la ricerca spirituale come un naturale e spontaneo percorso di evoluzione umana.
Gli sforzi per capire l’ordine del cosmo e il posto che l’uomo deve occupare in questo contesto, erano consueti ma si differenziavano per l’uso di mitologie dotate di linguaggi locali, in grado di adattarsi meglio alle differenti culture. Ma se i nomi erano diversi, restavano uguali i simboli che tali nomi rappresentano, per cui il Varuna induista è l’Urano greco, come Indra è Giove e Dioniso è il corrispondente greco del dio Shiva. Infatti, quando i soldati di Alessandro Magno entrarono nella città di Nysa, andarono sul monte sacro al dio Shiva (da loro chiamato Dioniso) per onorare il dio con i loro compagni di fede.
Atene, Alessandria d’Egitto, la Siria e la Palestina erano terre di transito e di incontro per genti eterogenee, tra cui molti indù. Aristossene, un discepolo pitagorico citato da Eusebio, riferisce delle discussioni tra Socrate ed un saggio filosofo indiano. La stessa scuola degli Scettici fu fondata sui principi fondamentali del giainismo, come pure il sistema di dottrine filosofiche e matematiche di Pitagora, derivanti dal sistema Sankhya, rispecchiano delle idee consuete dell’India del tempo. Le stesse idee del sistema Sankhya si ritrovano in Anassimandro, Eraclito, Empedocle, Anassagora, Democrito ed Epicuro, come pure l’influenza del pensiero indiano si ritrova nel pensiero degli gnostici e nelle concezioni neoplatoniche, come pure nel Vangelo di Giovanni di origine gnostica.
Se ne leggiamo l’incipit:”In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e Dio era il Verbo. Questi era in principio presso Dio. Tutto per mezzo di lui fu fatto e senza di lui non fu fatto nulla di ciò che è stato fatto” vi ritroviamo la stessa concezione induista della creazione.
Narrano i Veda che inizialmente Dio era privo di attributi, era senza forma, senza nome, pieno, completo, beato, senza dualità. Così, per potere sperimentare Sé stesso, espresse il primo desiderio:“Io sono Uno; diverrò i molti”. Questa volontà assunse la forma di suono, così risuonò Udgitha o Pranava Mantra il mantra primordiale, il sacro Aum (ॐ) Ohm o Om cioè il mantra più sacro dell’induismo. La stessa Apocalisse è un adattamento del Bhaviskya Purana, un’antica scrittura vedica del 5.000 a.C. Storicamente sappiamo di colonie indù che vivevano nella zona dell’alto Eufrate, fino al 304, quando san Gregorio fece distruggere i loro templi e distruggerne tutte le immagini sacre, in una delle molte persecuzioni dei pagani della nascente religione cristiana.
Buona erranza
Sharatan ain al Rami

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